Spese in aumento e tazzina di caffè più costosa nei bar di Trieste, ma c’è chi dice no
TRIESTE. Un caffè al banco? Da quest’anno costa dieci centesimi in più. Sì, perché alcuni bar in queste settimane si sono adeguati all’aumento in primis del prezzo della materia prima, portando così il costo da 1,10 a 1,20 euro. Ma un “nero”, un “deca” o un “capo in b” non sono gli unici beni a incidere sul portafoglio dei triestini.
Basta infatti dare un’occhiata ad altri alimenti di largo consumo, come farina, pane, pasta, latte e olio, ai prodotti per la casa tra cui l’ammorbidente, o ai biglietti dei bus, del teatro o dei musei per scoprire che la spesa aumenta sempre di più. E, per i francobolli e i prelievi bancomat, le tariffe, se confrontate con quelle addirittura di due anni fa, parlano di balzelli ancora più alti. Basti pensare che un francobollo costava 0,95 centesimi nel 2018 mentre oggi raggiunge 1,10 euro mentre un prelievo bancomat da 1,70 euro è passato a 2 euro.
Si tratta di aumenti legati «all’inflazione, anche se molto bassa, e alle politiche aziendali che determinano un riverbero su tutti i costi della catena», spiega Sergio D’Adamo, responsabile regionale di Federconsumatori Fvg. «L’aumento del prezzo della tazzina – aggiunge – non è un problema economico, riguarda una sorta di sfizio. Quindi se la tazzina va a 1,20, il consumo non diminuirà».
In giro per i bar della città si scopre dunque che la famosa caffetteria Pirona e il bar Viezzoli di via San Nicolò, gestiti dalla stessa famiglia, propongono un caffè a 1,20 euro. «I costi in generale sono aumentati e poi noi abbiamo seguito i nostri colleghi, però nel punto vendita di via Baiamonti non abbiamo applicato alcuna variazione», spiegano dal locale.
Anche la Portizza ha subìto un incremento a differenza degli altri punti vendita della città che fanno capo alla stessa proprietà. In questo caso a fare la differenza è il fornitore di caffè che cambia da un locale all’altro. C’è anche chi ha aumentato il prezzo al banco già a settembre scorso: la decisione è dipesa dall’aumento delle bollette dell’acqua.
È il caso dell’Antico Caffè San Marco. Spiega Alexandros Delithanassis: «Noi offriamo il caffè a 1 euro al banco, un prezzo molto “popolare”, sempre uguale, e a 2,50 al tavolo. In quest’ultimo caso, a settembre scorso, siamo passati da 2,30 a 2,50, ma il prezzo è comunque sotto la media degli altri caffè storici. Questo perché noi produciamo il nostro caffè».
Allo stesso tempo però c’è anche chi ha detto no a un incremento. Come Sircelli, con le pasticcerie-panetterie-bar di via Gallina, via D’Azeglio, via Genova. E così anche la catena de “Il Pane Quotidiano”: «Il caffè che acquistiamo non ha subìto incrementi – spiega il patron Paolo Fontanot –, quindi non mi sembra corretto pesare ulteriormente sulle tasche dei clienti».
Non solo il caffè ha registrato un incremento. Si veda il costo del biglietto del bus che, su tutto il territorio regionale, è stato adeguato. I ticket orari sono passati da 1,30 a 1,35 euro, per esempio. Quanto ai musei civici invece c’è stato un bilanciamento tra le diverse strutture, come evidenzia il direttore del Servizio Musei e Biblioteche Laura Carlini Fanfogna.
Sono aumentati i biglietti di ingresso dei siti più visitati e contemporaneamente sono stati dimezzati i prezzi di quelli dei più disertati. Al Castello di San Giusto, per esempio, il ticket passa da 3 a 5 euro, al contrario al Museo di guerra per la pace “Diego de Henriquez” riduzione da 6 a 3 euro. Se si parla di spettacoli invece quasi nessun teatro ha applicato tariffe maggiori, eccetto la Contrada ma solo per gli abbonamenti. «Un aumento dell’1% o 2%, al massimo», sottolinea la presidente Livia Amabilino. Tutto invariato nei cinema del centro.
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