Spese di Palazzo, interviene la Consulta

Accolti i ricorsi di tre Regioni contro l’applicazione retroattiva dei controlli. Ma le inchieste “anti Casta” vanno avanti
Di Roberto Urizio

TRIESTE. Rendiconti dei gruppi consiliari sotto l’occhio della Corte dei Conti, ma a partire dal 2013. La Corte Costituzionale ha accolto il ricorso presentato da Emilia Romagna, Veneto e Piemonte contro l’applicazione retroattiva del decreto legge del 2012 sulla spending review che assegna il compito di “spulciare” i conti dei gruppi politici dei Consigli regionali alle Sezioni di Controllo della magistratura contabile. Le tre regioni si erano appellate alla Consulta chiedendo l’annullamento delle deliberazioni della Sezione Autonomie della Corte dei Conti nazionale, che sanciva l’applicazione della norma già per i rendiconti 2012 nonostante le linee guida per i controlli, stilate dalla Conferenza Stato- Regioni, fossero entrate in vigore soltanto a febbraio 2013, pur rinviando la parte sanzionatoria proprio all’anno successivo.

Sulla base di queste delibere, le rispettive Sezioni di Controllo regionali avevano riconosciuto l’irregolarità dei rendiconti di alcuni gruppi, dando tempo (nel caso del Piemonte) di rimettere il tutto a posto in un paio di mesi. La Corte Costituzionale ha però accolto i rilievi delle Regioni, annullando le delibere della Sezione Autonomie e le successive decisioni delle Sezioni di Controllo regionali. «Non spettava allo Stato e, per esso, alla Corte dei conti, Sezione delle Autonomie e Sezioni regionali di Controllo per le Regioni Emilia Romagna, Veneto e Piemonte, adottare le deliberazioni impugnate con cui si è, rispettivamente, indirizzato ed esercitato il controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari in relazione all’esercizio 2012», afferma la sentenza.

Non è stata invece accolta l’istanza di illegittimità costituzionale avanzata dal Veneto sulle norme contenute nel decreto: in particolare l’ente regionale contestava la decadenza dell’erogazione delle risorse a favore dei gruppi consiliari in caso di irregolarità, sanzione «in contrasto con il principio di proporzionalità» e che «comprometterebbe in radice la possibilità stessa di funzionamento dei gruppi consiliari». La norma del decreto governativo prevede che «ciascun gruppo regionale approva un rendiconto di esercizio annuale che disciplina la corretta rilevazione dei fatti di gestione, la documentazione da porre a corredo del rendiconto stesso, nonchè le modalità per la regolare tenuta della contabilità». Il rendiconto deve evidenziare «in apposite voci, le risorse trasferite al gruppo regionale dall'Assemblea, con indicazione del titolo del trasferimento, delle spese esclusivamente riferibili alle funzioni politico istituzionali, con esclusione di indennità, benefici o simili emolumenti e di quelle comunque estranee a tali funzioni, nonchè le misure adottate per consentire la tracciabilità dei pagamenti effettuati».

La norma, che la sentenza della Corte Costituzionale non mette in discussione, non va a toccare l’inchiesta in corso sull’utilizzo dei rimborsi da parte dei consiglieri regionali della scorsa legislatura in Friuli Venezia Giulia, trattandosi di un procedimento che riguarda il 2011. E non andrebbe ad intaccare nemmeno le inchieste che potrebbero aprirsi per il 2010 e il 2012 su cui sta lavorando il Procuratore regionale contabile, Maurizio Zappatori. Tanto più che le azioni di questo tipo vengono portate avanti dalla Procura ed eventualmente giudicate dalla Sezione Giurisdizionale, mentre la lente di ingrandimento sui rendiconti dei gruppi, introdotta dal decreto, riguarda la Sezione di Controllo.

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