Speleologi da sette Paesi in esercitazione la prima volta a 900 metri di profondità

Anche 23 tecnici del Cnsas Fvg fra le 90 persone impegnate per tre giorni sul versante Sud del Canin, in territorio sloveno

TRIESTE. Tre giornate di impegno, una novantina di persone coinvolte, un record. Sono i numeri di un soccorso speleologico simulato per la prima volta a 900 metri di profondità, distanza mai raggiunta in precedenza in una esercitazione. Esercitazione che ha visto lavorare insieme - un “debutto” anche questo - speleologi di Italia, Slovenia, Serbia, Croazia, Austria, Bulgaria e Macedonia.

Teatro dell’esercitazione è stato il versante Sud del Monte Canin, in territorio sloveno. Tra i 90 tecnici speleologi dei vari Paesi erano 32 gli italiani (fra loro alcune donne), di cui 23 del Corpo nazionale soccorso alpino del Fvg - 15 i giuliani - con i colleghi del Veneto. Obiettivo, recuperare una persona infortunata nelle profondità di una grotta che ricade interamente in territorio sloveno, e il cui ingresso si trova a 2300 metri di quota, poco lontano da quel rifugio Skalarja che dà anche il nome all’abisso carsico scelto per le operazioni.



Imponente l’organizzazione: «Il campo base - racconta Roberto Antonini, responsabile speleo Fvg del Cnsas - è stato fissato a Bovec-Plezzo», da dove uomini e attrezzature sono stati portati in quota con la funivia che dista circa mezz’ora di cammino dall’ingresso della grotta, dove era piantato il campo avanzato. Un terzo campo attrezzato con sacchi a pelo e materassini dove far riposare le squadre di tecnici - «in realtà poco usato perché gli uomini preferivano tornare al campo avanzato dopo impegni di 20-24 ore», dice Antonini - è stato allestito a 600 metri di profondità.

Una volta adagiato il “finto infortunato” nella barella, è partita l’operazione di recupero, che i tecnici - lavorando in squadre di 10-15 uomini alla volta - hanno condotto con modalità diverse. Nella parte più profonda della cavità si è ricorsi alle tecniche italiane, che prevedono l’uso di solo un paio di corde riducendo così l’attrezzatura al minimo. Dai meno 200 metri a quota zero i tecnici degli altri Paesi hanno utilizzato tecniche francesi, con quantità molto superiori di corde e un maggior numero di uomini al lavoro contemporaneamente. L’operazione ha anche consentito a qualcuna delle delegazioni nazionali di perfezionare le tecniche di recupero.



«Di norma come delegazione Cnsas del Fvg effettuiamo sei o sette esercitazioni all’anno, finora eravamo arrivati a quota -700», dice Antonini, e «con i colleghi sloveni già da tre o quattro anni realizziamo esercitazioni comuni». Il record dei -900 metri riguarda una esercitazione: nella realtà dei soccorsi, ricorda Antonini, in due occasioni - una negli anni Novanta e l’altra nel 2014 in Germania - gli uomini del Cnsas Fvg hanno recuperato infortunati a oltre mille metri di profondità. —
 

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