Spacciava ossicodone in ambulatorio: medico condannato a 5 anni di carcere
TRIESTE Cinque anni e quattro mesi di reclusione, oltre a 24 mila euro di multa. Alla fine il conto della giustizia è arrivato per il cinquantaseienne Giorgio Bercic, il medico triestino che spacciava ossicodone ai pazienti tossicodipendenti.
Il professionista, difeso dall’avvocato Paolo Codiglia, è stato condannato con il rito abbreviato dal gup Giorgio Nicoli.
La vicenda era emersa nell’ottobre del 2017, dopo che la Procura di Trieste aveva scoperto un giro di prescrizioni sospette. Bercic, come appurato dagli inquirenti, preparava le ricette ai pazienti con problemi di droga senza alcun piano terapeutico. Ricette di ossicodone, un potente oppiaceo analgesico narcotico, simile alla morfina, usato in genere per i dolori intensi di natura oncologica e neuropatica, anche dai malati terminali.
Il medicinale, che provoca dipendenza, viene però assunto anche come sostitutivo dell’eroina o come droga a sé.
Nelle indagini della Squadra mobile, dirette dalla pm Cristina Bacer, è emerso che i tossicodipendenti si recavano frequentemente dal medico a chiedere le pastiglie: una parte la utilizzavano per sé, mentre il resto era destinato allo spaccio.
La Mobile aveva installato telecamere nascoste nell’ambulatorio del dottore, che si trova in via Cicerone. Il giro, come venuto a galla dalle intercettazioni, dalle registrazioni video e dai pedinamenti degli agenti, si concentrava proprio nello studio del dottor Bercic. E nelle piazze dello spaccio cittadino.
Gli investigatori avevano accertato che parte delle ricette era falsificata: per prescrivere l’ “Oxycontin”, Bercic si serviva spesso dei nomi e dei timbri di altri colleghi o suoi sostituti. Talvolta intestava le prescrizioni ad altri pazienti del suo ambulatorio, ignari di tutto. Il medico, che era finito anche agli arresti domiciliari, ha dovuto rispondere di spaccio di stupefacenti e truffa ai danni dell’Azienda sanitaria (Asugi).
Era stata proprio l’autorità sanitaria (all’epoca Asuits) a segnalare le anomalie: a partire dal 2014, infatti, era stata riscontrata a Trieste un’insolita impennata di pazienti dipendenti da ossicodone. Analoghe segnalazioni erano partite da alcuni farmacisti del centro cittadino che si erano trovati dinnanzi a numerosi tossicodipendenti muniti di prescrizioni per la fornitura di Oxycontin.
Ma non si è mai capito perché il medico si comportasse così. Perché si era infilato in questo traffico di ossicodone, a tutti gli effetti un traffico di stupefacenti? Le indagini avevano scavato a fondo nella vicenda, ma non erano stati trovati guadagni illeciti. Non nelle tasche di Bercic, almeno. Il medico non riusciva a gestire i tossicodipendenti? Faceva fatica ad esercitare la propria professione?
Il dottore era finito anche in un’altra indagine parallela, quella dei finti vaccini dell’anti influenzale. Secondo le ipotesi investigative il dottore avrebbe intascato illegalmente gli incentivi economici riconosciuti ai medici di medicina generale per decine di profilassi inesistenti. Risultavano solo sulla carta, come appurato: i pazienti, contattati dagli investigatori, avevano infatti confermato di non essersi sottoposti ad alcunché.
Ora la condanna, dunque. «Attendiamo le motivazioni della sentenza – spiega l’avvocato Codiglia, il legale di Bercic – poi prepareremo l’appello».
L’Azienda sanitaria di Trieste si è costituita parte civile nel corso del processo. «Ci siamo costituiti per dovere d’ufficio in quanto azienda pubblica – precisa l’avvocato Piero Fornasaro – ma lo abbiamo fatto nella comprensione del dramma umano sotteso dalla vicenda. Perché questo è un dramma umano. L’Azienda sanitaria – ribadisce il legale – era a processo perché non poteva non esserci, non per infierire». —
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