Sotto ai fiori si legge la storia di Gorizia

Fiori rosa, fiori di pesco canta Lucio Battisti. Fiori gialli per Giorgio Bombi, invece, al cimitero centrale di Gorizia. Per l’ultimo podestà austriaco di Görz e primo sindaco italiano di Gorizia le ricorrenze dei morti e dei santi non sono trascorse invano. Una mano gentile ha posato un rigoglioso vaso di fiori sulla lapide. Le cripte ai lati dell’ingresso principale del camposanto rappresentano un viaggio a tappe, sottoforma di lapidi più o meno monumentali, degli ultimi 150 anni di gorizianità. Ai fiori gialli che riscaldano il ricordo di Bombi, dalla parte opposta fa da contraltare il grigiore dello scrostato intonaco blu della tomba in cui riposano l’avvocato Giovanni Rismondo “animatore dell’irredentismo isontino” e il predecessore di Bombi, Carlo Venuti, podestà dal 1894 al 1903. Nessuno si è ricordato di loro, nemmeno il Comune di Gorizia che sugli avelli dei “padri”potrebbe posare qualche fiorellino se non una corona. Gesto che fortunatamente si ripete puntuale sui monumenti funebri che ricordano partigiani, infoibati, caduti della Rsi e della Decima Mas, vittime civili di calamità provocate dall’uomo. I 72mila metri quadrati su cui si distende il cimitero centrale si presenta bene offrendo ordine e pulizia. Certo che il porticato d’ingresso e le due ali avrebbero bisogno di una radicale sistemata. Le strutture tradiscono tutti i 95 anni di... vita. Il primo cimitero censito risale al 1325 in quella che oggi è piazza Sant’Antonio. Dal 1351 ne esisteva uno più ampio nell’attigua piazza Duomo, oggi Cavour. Verso la metà del Cinquecento fu adibito a cimitero della città il sagrato della chiesa di San Giovanni Battista, oggi via San Giovanni. I morti si spostano verso nord e nel 1682 è attivo il camposanto in braida Vaccana (via Formica e dintorni), cioe l’ex terreno (braida) dei sovrani del Castello. Nel 1760 le autorità requisiscono la proprietà di un Grusovin proprio sotto la Castagnavizza, lungo via Cappella. Si arriva al primo novembre del 1823 quando viene consacrato il nuovo cimitero nella zona a sud della città. È quello che oggi conosciamo per Parco della Rimembranza. Quel cimitero chiude il 31 agosto del 1880. Gorizia si sta allungando con belle palazzine liberty verso la stazione meridionale e i morti devono sloggiare. Il giorno dopo viene inumata la prima salma in località Grassigna. Ci penserà la prima guerra mondiale a uccidere quei morti una seconda volta. Trent’anni dopo la Grassigna diventerà il primo nucleo di Nova Gorica. Agosto 1916 è la prima redenzione di Gorizia. Al maggiore dei carabinieri Sestilli, nominato commissario straordinario del Comune, viene affidato il compito di costruire un nuovo cimitero. Sarà chiamato “Cimitero degli eroi” e si trovava nella zona di via Faiti, chiesa dei Cappuccini. In pieno centro e l’estate torrida del 1916 non aiuta. I morti puzzano e la gente protesta. Il 14 aprile del 1918 il Comune espropria la famiglia Doliach di un vasto terreno di fronte all’aeroporto. Spiace osservare al cimitero le tante tombe cadenti e scalcinate. Morti abbandonati e oltraggiati. Ancora più brutto è notare i nomi e le date orbati di lettere o numeri. Ma a confortare l’animo c’è la sepoltura di Giovanni Paternolli, l’amico di Michelstaedter e Mreule morto precipitato in parete sopra Loqua, nel 1923. Sulla lapide spunta un mugo, essenza profumata di montagna.
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