Sos della comunità bengalese di Monfalcone: «Basta alimentare l’odio»

All’indomani dall’attentato di Christchurch il Centro culturale islamico Baitus Salat lancia un appello teso a ripristinare un clima di pace
Bonaventura Monfalcone-21.08.2018 Cerimonia del sacrificio-Ex Hardi-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-21.08.2018 Cerimonia del sacrificio-Ex Hardi-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

MONFALCONE «Politici e intellettuali: moderate i toni. L’escalation di violenza anti-immigrati culminata il Venerdì della preghiera nella strage di Christchurch, in Nuova Zelanda, può diramarsi in tutto l’Occidente. Per questo i politici devono essere consapevoli dei termini che usano pubblicamente per non alimentare l’odio tra le genti. Slogan come “invasione” o “prima gli italiani” possono indurre altri estremisti bianchi a compiere attentati come quello commesso nelle due moschee di Christchurch». Lo dice a chiare lettere il portavoce del Centro culturale islamico Baitus Salat di Monfalcone, Alì Poesal. Perché all’indomani dell’attentato di Christchurch, la comunità bengalese che rappresenta «si sente profondamente scossa e profondamente impaurita». La reazione è immediata, allarmata: Poesal alza la cornetta per parlare con la redazione e di qui a tutta la cittadinanza. Lo scopo è levare, a nome del centro che rappresenta, un appello teso alla pace fra i popoli. Nel mondo, e soprattutto a Monfalcone, dove la percentuale di stranieri (il 23,5% su 28.453 residenti) è così elevata «e il clima che si respira è ormai preoccupante».

«Abbiamo appreso che fra i 49 morti a Christchurch ci sono tre bengalesi, e che altri quattro sono feriti. Il quartiere coinvolto è popolato per la maggior parte da bengalesi. Sempre secondo quanto riporta la stampa, la squadra nazionale di cricket del Bangladesh è scampata per un soffio all’attentato». Attenzione però. «Il fatto che questa volta siano stati colpiti i musulmani non significa che la nostra comunità non condanni in generale tutti gli attentati, a partire da quello di Parigi. L’unica cosa che desideriamo è che tutti possano convivere in pace» ancora Poesal.

«Io sono residente a Monfalcone da 15 anni e anche se non ho ancora la cittadinanza mi sento ormai monfalconese. La discriminazione non ha alcun senso, se non quello di istigare all’odio». —


 

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