«Sono stata presa a pugni per vendetta»

TRIESTE «Era da un po’ di tempo che mi minacciava e stavolta è passato ai fatti». A parlare è Hellen Prelessi, la 28enne aggredita la scorsa settimana al bar Flavia. Lo fa dal suo letto di ospedale, con i postumi dei numerosi traumi al volto causati dai pugni di Francesco Caris e da suo fratello Daniel. Estesi ematomi e intensi dolori che vanno a sommarsi ai postumi dell’operazione che ha dovuto subire al setto nasale, spaccato sembra per un pesante bicchiere di vetro che le è stato scagliato in pieno volto.
«Non si tratta solo di quello che mi ha fatto (si riferisce a Francesco Caris, ndr) aggredendomi a pugni e schiaffi, forse i traumi più difficili da superare saranno quelli psicologici», dice ancora per poi continuare: «Lo ha fatto per vendetta, me lo aveva detto tante volte che me l’avrebbe fatta pagare perché secondo lui gli avevo fatto perdere la compagna. Una donna che ha picchiato tante volte, una mia amica che ho voluto aiutare perché non sapeva come fare a liberarsi di lui, a sfuggire dalle sue quotidiane violenze. Sono riuscita anche a portarla al Goap (Gruppo operatrici antiviolenza e progetti, ndr) perché stava vivendo un inferno. Ho cercato di aiutare una donna vittima di violenza, ma sono diventata una vittima anch’io». Hellen è mamma di due bambini e in accordo con il suo compagno a un certo punto, per sfuggire alla vendetta promessa dall’uomo, ha deciso di licenziarsi dal suo precedente impiego e cambiare lavoro.
«Dopo le tante minacce che aveva fatto a me, ai miei bambini e alla mia famiglia, l’unica soluzione era quella di allontanarmi dal giro di amicizie e licenziarmi, così sono andata fino in piazzale Cagni, al bar Flavia. Ma lui ha scoperto che lavoravo lì e non ci ha pensato due volte a venirmi a cercare. Quando me lo sono visto entrare in bar mi è sembrato di essere sprofondata in un incubo. Appena mi ha vista mi ha detto che mi avrebbe aspettato fuori. Una minaccia alla quale non ho risposto e anzi sono andata verso il retrobancone del bar per cercare riparo. Poi è scattata la violenza. Mi ha inseguita e ha cominciato a picchiarmi con pugni e schiaffi al volto. A quel punto il mio compagno è intervenuto per cercare di fermarlo, ma l’altro che era con lui (Daniel Caris, ndr), gli si è scagliato contro picchiandolo da dietro con pugni alle tempie e al volto. Poi Francesco, l’aggressore, ha afferrato un grosso bicchiere di vetro dal bancone e me lo ha scagliato in faccia, sul naso, con forza. Un dolore fortissimo che mi ha quasi fatto perdere i sensi», conclude la 28enne.
«Per fortuna non ho avuto gravissimi traumi, perché sono stato colpito soprattutto sulla testa», dice il compagno della ragazza aggredita. Aggiunge: «Quando mi sono frapposto tra l’aggressore e la mia compagna, lui ha continuato a picchiare alla cieca, e così l’altro, che mi ha colpito ripetutamente. Fortunatamente ero presente e sono intervenuto, altrimenti non so come sarebbe andata a finire. A questo punto però io e la mia compagna non sappiamo cosa fare. Chi ci tutelerà e proteggerà se questi due saranno scarcerati o messi agli arresti domiciliari?», chiede l’uomo. «Noi siamo una famiglia, e insieme abbiamo dei figli e pensare di dover rimanere reclusi in casa per paura di essere assaliti da loro o da chi per loro, ci fa impazzire. Anche solo andare a fare la spesa o una semplice passeggiata con i nostri bambini ci esporrà al rischio di vederci aggrediti», conclude. Ieri pomeriggio Hellen è stata dimessa dall’ospedale di Cattinara ed è tornata a casa.
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