Sono 50 i richiedenti-asilo non coperti da convenzione
Il sindaco l’ha dichiarato. «Gorizia non vuole ospitare più di 50, massimo 60 richiedenti-asilo». Un desiderio più che giustificato visto che la complessa problematica dell’accoglienza è tutta “scaricata” oggi sul capoluogo di provincia e su Gradisca d’Isonzo.
Ma quanti sono oggi i profughi ospitati a Gorizia? Tanti, «troppi», direbbe il sindaco Ettore Romoli. «Le strutture sono strapiene - sottolinea don Paolo Zuttion, direttore della Caritas diocesana -. Oggi ci sono 150 migranti al Nazareno, 40 sono ospitati all’albergo Internazionale e poi ci sono altre persone che non sono “coperte” da convenzione e che, comunque, hanno un letto in cui poter dormire». Dove sono ospitate? «La maggior parte al dormitorio Faidutti di piazza Tommaseo (Piazzutta, ndr). Poi, don Sinuhe Marotta ha messo a disposizione degli spazi al Pastor Angelicus». Il problema è che i flussi non sono certamente cessati: non si registrano più arrivi in massa di quaranta, cinquanta persone in una botta sola ma i profughi afghani e pakistani continuano comunque ad affluire in numeri più bassi. «Diciamo che oggi ne arrivano, in media, uno o due al giorno. Ed è chiaro che con il passare delle giornate il loro numero si ingrossa. Per fortuna - aggiunge don Zuttion - ci sono tanti volontari di buona volontà che ci consentono di garantire un’assistenza adeguata ai migranti, anche a quelli non coperti da nessuna convenzione».
Don Paolo è pienamente consapevole che per concretizzare il progetto di accoglienza diffusa (da molti, se non da tutti indicato come la soluzione di tutti i problemi) ci vorrà tempo. «Si, stiamo lavorando perché tutti i Comuni si facciano carico di piccoli gruppi di richiedenti-asilo ma è chiaro che tutto ciò non si concretizzerà in pochi giorni». Intanto, il Cara “allargato” continua ad essere, appunto, allargato: quella che doveva essere un’esperienza che doveva durare l’arco di tre/quattro giorni sta continuando e non ci sono notizie nuove riguardo le trattative con l’albergo di Grado che doveva “assorbire” dai 40 ai 50 stranieri. «Tutto si è fermato, forse anche a causa delle resistenze che si sono registrate sull’isola», allarga le braccia don Zuttion.
Sullo sfondo, le parole dell’assessore provinciale al Welfare Ilaria Cecot contenute in una lettera inviata nelle scorse settimane al questore di Gorizia Pier Riccardo Piovesana, al direttore generale dell’Ass Bassa Friulana/Isontina Giovanni Pilati, al sindaco di Gorizia Ettore Romoli, alla sindaco di Gradisca d’Isonzo Linda Tomasinsig, alla Caritas diocesana di Gorizia, alla Cri (Comitato locale di Gorizia) e al Cir. «Per fronteggiare adeguatamente le problematiche legate ai richiedenti-asilo è necessario, a mio avviso, un salto culturale: passare alla gestione di queste persone in una prospettiva socio-assistenziale, superare una volta per tutte la visione del problema come se fosse una questione di ordine pubblico, in una stretta collaborazione tra Questura, Prefettura, Azienda sanitaria, enti locali ed enti gestori. Sono state decine i casi di scabbia, malattie cutanee e respiratorie varie; numerose le intercettazioni di minori non accompagnati; infinite le questioni di difficile coordinamento tra istituzioni. Abbiamo visto in queste settimane il volontariato - scrive Cecot - costretto ad assumersi ruoli e compiti lasciati vacanti dagli interlocutori istituzionali, agire e risolvere incresciose situazioni nell’assenza conclamata di una rete pubblica strutturata ed organizzata per affrontare questa pesante situazione. Non è più possibile continuare ad eludere le specifiche responsabilità. “Non si può dare per carità, ciò che è dovuto per giustizia”, questa è la citazione di Papa Paolo VI che ricorre sempre più spesso per riassumere quanto sta accadendo. Chiedo quindi che quanto prima venga convocato in Prefettura il tavolo immigrazione al fine di stabilire procedure adeguate a fronteggiare i nuovi arrivi: sappiamo bene che non cesseranno e che, oltre al trasferimento di 40 persone da Gorizia all’ex Cie di Gradisca, non è stato predisposto alcun meccanismo per la presa in carico immediata dei richiedenti asilo, per realizzare un’accoglienza minima, per garantire condizioni igieniche e sanitarie entro standard tollerabili per i profughi e la comunità in cui vanno ad inserirsi. Chiedo pertanto che la Regione si faccia promotrice di una equa distribuzione dei richiedenti sul territorio regionale tutto».
Parole non nuove che vanno nella direzione di quanto già espresso, in tempi non sospetti, dallo stesso assessore provinciale Cecot: bisogna superare l’approccio emergenziale per gestire l’immigrazione in maniera strutturale e organizzata.
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