Sommergibilista, docente e manager Morto a 98 anni Guglielmo Lodato

È morto ieri mattina, all'età di 98 anni, l'ingegner Guglielmo Lodato. Nato a New York nel 1918, Lodato ha legato indissolubilmente la sua vita al mare, alla Marina militare italiana e a Trieste, città che amava in maniera viscerale e nella quale aveva scelto di vivere a partire dai primi anni Settanta. È stato un uomo d'altri tempi, che ha vissuto le brutture del secondo conflitto mondiale ma che ha sempre guardato al futuro con inguaribile ottimismo. «Si è addormentato circondato dall'affetto della sua famiglia - ricorda commossa la moglie Anna - . Fino all'ultimo è rimasto lucido. La sera prima di morire, pur essendo costretto ad adoperare la maschera dell'ossigeno, non ha voluto perdersi la partita della sua squadra del cuore, la Juventus». Lodato, dopo aver vissuto i primi tre anni di vita negli Stati Uniti, si trasferì a Tunisi. Terminate le scuole superiori, decise di arruolarsi in Marina, nel Genio navale, nonostante il padre desiderasse per lui una formazione da ingegnere presso il Politecnico di Torino. Portò a termine i suoi studi all'Accademia navale, in quello che prese il nome di corso "Alcione". Erano i primi di giugno del 1940, solamente dieci giorni prima della dichiarazione di guerra fatta dall'Italia alla Francia e alla Gran Bretagna. Lodato diventò ufficiale del Genio navale e venne imbarcato nei regi sommergibili “Medusa”, “Dagabur”, “Onice” e “Tricheco”. Fu a bordo di quest'ultimo, il 18 marzo del 1942, che Lodato sfuggì alla morte miracolosamente. A largo di Brindisi, infatti, il “Tricheco” venne attaccato dal sommergibile britannico “Upholder”, che lo colpì con un siluro a prua della torretta. Lodato si salvò insieme al comandante e ad altri nove uomini. «Non ha mai amato riportare alla memoria quell'episodio - ammette la moglie Anna - , dal momento che in pochi istanti morirono accanto a lui molti dei suoi compagni». Terminata la guerra, l'Università di Napoli lo vide laurearsi brillantemente alla facoltà di Ingegneria navale. Dal 1950 al 1954 venne destinato a Parigi, come segretario di un gruppo internazionale antesignano della Nato, con il compito di redigere il piano di difesa dell'Europa meridionale e del Mediterraneo occidentale. Lasciata la Marina, divenne dirigente del gruppo Finmare, dopo aver lavorato anche per il Lloyd triestino, per l’Adriatica e dopo aver insegnato alla facoltà di Ingegneria dell'Università di Trieste. In città, fra le altre cose, lo ricordano per aver presieduto per tre mandati la Lega navale italiana e per aver costruito i posti barca presso il molo Fratelli Bandiera. Fu proprio Lodato a prendere in concessione la vecchia Lanterna, come presidente della Lega navale, e a trasformarla nell'attuale gioiello. Accanto all'amore per il mare, crebbe in maniera sconfinata l'amore per la sua famiglia, per la moglie Anna, per i figli Federica, Alessandra, Filippo e per i quattro nipotini. «Il giorno prima della sua scomparsa - racconta la moglie - abbiamo festeggiato 47 anni di matrimonio. Andava molto fiero della sua famiglia, che ha amato senza limiti. Era un uomo buono, onesto, ma anche tosto. Il suo carattere forte gli ha permesso di raggiungere i traguardi prefissati e di vivere intensamente fino all'ultimo istante».
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