Sommariva saluta il porto di Trieste: «Costruite le basi della svolta, col lavoro al centro»
TRIESTE Arrivederci Trieste. Mario Sommariva lascerà a giorni l’incarico di segretario generale del Porto, dopo essere stato scelto dal governo per guidare lo scalo della Spezia. Il manager genovese attende l’ufficialità, ma la decisione di Roma è presa e mette la parola fine al brillante binomio costruito con Zeno D’Agostino.
Ha trascorso quasi sei anni in città. Che Trieste ha trovato e che Trieste lascia?
Ho trovato una città ricca di storia e spunti di interesse, un luogo anomalo per la natura di confine e le sue peculiarità. Quando sono arrivato, la città era più ripiegata su sé stessa, mentre oggi ha grande apertura. Credo che il porto abbia contribuito in maniera importante a restituirle una dimensione internazionale.
Com’è cambiato il porto in questi anni?
Con la nostra azione abbiamo cercato di esprimere le grandi potenzialità che abbiamo trovato, valorizzando la collocazione geografica, rilanciando i collegamenti ferroviari, puntando sul Porto franco e sviluppando le infrastrutture previste dal piano regolatore. Abbiamo attirato investitori internazionali grazie alla promozione di Zeno D’Agostino. La chiave di volta è la trasformazione delle aree industriali dismesse in terminal portuali. Il primo mandato ha creato i presupposti, grazie ad azioni di riforma e accordi internazionali. Ora comincia la fase due delle prime realizzazioni, perché parliamo di processi decennali.
Il ricordo più bello e il più brutto?
Il più bello sono lo sguardo e le lacrime di Mario Crismani, un operaio generico addetto allo scarico di sacchi di caffè, che grazie alla nostra riorganizzazione del lavoro è stato trasformato in autista di trattore portuale. “Mi avete fatto sentire di nuovo una persona”, ci ha detto alla firma del contratto. E poi c’è piazza Unità piena a giugno attorno a Zeno: un momento splendido che nasce dal ricordo più brutto, quando è arrivata la notizia della decadenza del presidente.
Lo sostituì per un mese nelle vesti di commissario, firmando l’accordo sulla Ferriera…
Passaggio di valore simbolico, perché esempio della riconversione industriale della città e il tassello chiave della strategia che ha portato all’ingresso dei tedeschi di Hamburger Hafen nella Piattaforma logistica.
Terminalisti e lavoratori sottolineano le sue doti umane e d’ascolto. Come si crea armonia in un porto?
Bisogna individuare obiettivi condivisi e chiari, mettendo al centro l’interesse generale. E poi serve un lavoro quotidiano di ascolto di tutti i soggetti, capire le motivazioni reali delle tensioni e fare sintesi. È un lavoro di grande pazienza, che non si fa in poco tempo.
Ha sempre messo al centro il tema del lavoro…
La Costituzione parte dal lavoro, valore fondativo della nostra convivenza e della società. Il lavoro e le persone sono la prima infrastruttura del porto: non hai servizi ed efficienza senza qualità del lavoro.
Per questo è nata l’Agenzia per il lavoro del Porto?
Volevamo collaborazione fra tutte le componenti del porto. Abbiamo creato regole nuove e uno strumento come l’Agenzia, che superasse precedenti situazioni fallimentari. In porto la flessibilità del lavoro è fondamentale ma va coniugata con la stabilità: l’Agenzia cerca di dare soluzione all’ossimoro, unendo lavoro a chiamata e retribuzioni dignitose.
La sua è una vita a sinistra. È possibile fare il manager e tenere fermi certi valori?
Assolutamente sì, quando si perseguono obiettivi di carattere generale, il bene comune. Pensare che il tema della giustizia sociale sia importante, non preclude il cercare soluzioni efficienti e produttività, che non necessariamente devono coniugarsi con l’ingiustizia. L’economia non deve essere contrapposta alle persone e su questo papa Francesco ci sta dando insegnamenti importanti.
Lei e D’Agostino insistete sul ruolo della mano pubblica…
Viviamo in un tempo nuovo e non siamo soli ormai. Merkel, Biden, von der Leyen, Macron: il mondo si sta rendendo conto che, nel periodo drammatico della pandemia, una forte e coraggiosa presenza pubblica è l’unica che può correggere storture che il mercato da solo non sa sistemare. Il nostro approccio sui collegamenti ferroviari è stato di offrire un servizio pubblico come quello di Adriafer, per dar modo ai privati di sviluppare le loro attività. Non era così quando si pensava di privatizzare Adriafer, ma gli investimenti in arrivo ci danno ragione.
Dicono che il presidente sia affranto per la perdita: in Autorità portuale lei ha la fama dell’insostituibile.
Il rapporto con Zeno è stato speciale: unità profonda nata attorno alla visione comune del futuro del porto. Fra noi c’è grandissima stima e molto affetto, rafforzati ancora dopo il provvedimento dell’Anac. Quanto a me, è banale dire che nessuno è insostituibile, ma ognuno ha caratteristiche uniche. Serve una nuova organizzazione, ma in Autorità ci sono le risorse: avrei fallito se non avessimo prodotto rinnovamento con molti quadri giovani. Il futuro sono loro, non io.
D’Agostino ha scelto il sostituto?
Non mi risulta.
Che farà alla Spezia e che differenze ci sono con Trieste?
È un porto tirrenico, molto diverso, votato al traffico nazionale e non europeo. Trieste compete con Capodistria, mentre sul Tirreno in duecento chilometri ci sono La Spezia, Livorno, Genova e Savona: c’è competizione forte ma anche volumi importanti da attrarre. Mi impegnerò sull’integrazione tra porto e città, affinché il territorio viva il porto come volano di sviluppo.
Intanto Bruxelles insiste per cancellare le esenzioni fiscali, ma sta per erogare il Recovery Fund. Che ne pensa?
È un’azione schizofrenica. Il tema degli aiuti di Stato, in tempi di Covid, è affrontato in modo molto diverso da quando due anni fa è partita l’azione contro le esenzioni fiscali. Dobbiamo dirci che il mondo è cambiato e ricordare che certe decisioni sono state prese su spinta dei porti del Nord Europa, che non sono più i soli a contare. Il Recovery può essere una grande occasione ed è l’evidenza che lo Stato deve intervenire in economia per raddrizzare la crisi. Conte ha detto che sul piano portuale Trieste è riferimento assieme a Genova: ci siamo fatti trovare pronti con una progettualità di qualità e spero ne ricaveremo importanti soddisfazioni.
Si definisce un nomade. La rivedremo qui di nuovo?
Trieste la porto nel cuore. Sono stati anni indimenticabili. Mi rivedrete certamente, perché il rapporto con Trieste non si può dimenticare e rimarrà per sempre. —
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