«Solo burocrazia e tasse»: Morgan vende e se ne va
Lo chef “re” del Ghetto dice basta: «In questo Paese non si può combattere il sistema, bisogna scappare». Cinesi in pole per i suoi 4 locali
Luca Morgan fotografato da Francesco Bruni
TRIESTE La burocrazia, le tasse, gli aumenti delle bollette, la fattura e lo scontrino elettronici. E pure il locale chiuso per un periodo dopo il sequestro, disposto dalla magistratura, dell’impianto di aspirazione dei fumi della sua ultima creatura, l’Extra Bacco, per troppo rumore. Basta. Luca Morgan getta la spugna, o, meglio, “scappa” dall’Italia e vende tutti i suoi quattro ristoranti di via del Pane. Un “patrimonio” da quasi un milione di euro.
«In questo Paese – dice perentorio – non si può combattere il sistema, bisogna scappare, per me è un fallimento professionale questa scelta, ma non si può continuare così».
Se tutto va in porto, potrebbe già fare i bagagli all’inizio del 2020, anche perché un acquirente sarebbe già dietro l’angolo: «Si tratta d un gruppo cinese». La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato appunto il provvedimento che ha imposto a Morgan di intervenire sul «torrino di aspirazione – spiega il suo legale, l’avvocato Laren Saina – con l’installazione di un nuovo motore di aspirazione in modo da evitare la rumorosità presumibilmente percepita».
L’atto di sequestro, a seguito delle verifiche del sostituto procuratore Federico Frezza, è stato disposto a metà dello scorso novembre dopo una serie di rilevazioni acustiche svolte dall’Arpa, che avrebbero registrato livelli di rumore “fuori soglia”.
All’origine dei controlli un esposto presentato da alcuni inquilini dell’edificio di via delle Beccherie 7, il palazzo che ospita al piano terra la Chimerina, l’altro ristorante di Morgan. Col sequestro è arrivato pure l’obbligo di pagare una sanzione amministrativa da duemila euro. «Che sia ben chiaro», afferma Morgan: «La legge ha fatto il proprio dovere, non mi oppongo a questo».
«Anzi – specifica il suo legale – c’è stata la massima collaborazione della Procura, che ha consentito gli interventi di manutenzione affinché si riprendesse il normale svolgimento dell’attività il prima possibile». Dopo circa tre settimane, infatti, lo scorso 6 dicembre l’Extra Bacco ha riaperto (si è chiusa la fase cautelare, ora si attende il procedimento penale). «Avrei potuto anche tenere il locale aperto, sono io che ho deciso di chiuderlo perché offrire piatti freddi a novembre non mi sembrava il caso», aggiunge il ristoratore:
«In realtà avevo già un progetto in piedi per la sostituzione dell’apparato ma la burocrazia ha allungato i tempi, facendomi spendere due volte tanto. Adesso che ho riaperto, mi è venuto il colpo di matto. Così ho fatto due chiamate per dire che mollo – spiega lo chef – e ho trovato un gruppo cinese che forse potrebbe acquistare tutti i miei quattro locali per trasformarli in ristoranti di cibo etnico. Chiedo una cifra che corrisponde al mio investimento fatto in 11 anni, da quando cioè sono qui in via del Pane. Se loro accettano, possono fare quello che vogliono». Morgan, però, ci tiene a dire che la sua mossa non deriva dalla disperazione: «L’azienda è sana, questi giorni di chiusura ci hanno affaticato, certo, ma non tagliato le gambe. Avrei potuto licenziare le cinque persone che ci lavorano, ma non l’ho fatto, soprattutto perché siamo sotto Natale». Paura di abbandonare un progetto così importante come quello di via del Pane non lo spaventa affatto. Un po’ di nostalgia c’è, soprattutto per i suoi clienti e il suo staff, «perché io non lavoro da solo, però so che con l’aereo si è qui in 24 ore».
Tutto pare già sistemato, anche per la ventina di collaboratori. «Sono tutti altamente qualificati, non avranno nessun problema a reinserirsi nella ristorazione cittadina», evidenzia: «A chi non avrà questa facilità darò io una mano e chi vorrà, magari, mi seguirà».
Morgan, in effetti, dice di avere già in tasca un “piano B”. Anzi, più di uno. «Ho 51 anni, mi sento giovanissimo», sottolinea: «Posso ricominciare da capo da qualche altra parte. Innanzittutto, se l’affare va bene, andrò tre mesi come chef a bordo di un mega panfilo di un amico. Quando tornerò, deciderò se andare nel Sud Est asiatico o sotto il Corno d’Africa: lì si può fare ancora una ristorazione tranquilla».
Altrimenti l’idea è di andare in America o magari anche in Croazia, chissà. Da parte sicuramente metterà un altro progetto che aveva in cantiere per Trieste: «Resterà ben chiuso nel cassettino». Potrebbe ripensarci? «Mah... Solo i clienti potrebbero farmi desistere».—
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