Soffocato dalla burocrazia e senza Totocalcio chiude dopo 150 anni il Leon d’Oro di Romans

A fine anno il locale più ricco di storia del paese terminerà l’avventura iniziata nel lontanissimo 1866. Vi fece tappa anche l’irredentista Oberdan 
Bumbaca Gorizia 08.12.2019 Romans bar Al Leon d'Oro © Foto Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 08.12.2019 Romans bar Al Leon d'Oro © Foto Pierluigi Bumbaca

ROMANS D'ISONZO. Soffocata da burocrazia e disposizioni incomprensibili, alla fine di dicembre, dopo 150 o forse più anni di ininterrotta attività, è destinata a spegnersi definitivamente a Romans d’Isonzo la lunga affascinante storia della trattoria “Al Leon d’Oro” di via Latina, il locale pubblico più vecchio del paese. Sarà la seconda straziante ferita per la memoria storica della comunità locale, dopo la sofferta chiusura, nel 2013, della “Locanda alla Posta” (aperta nel 1886) della famiglia Barnaba. Due straordinari e ricercati luoghi d’incontro, aggregazione e ristoro che hanno fatto la storia sociale del paese e del nostro territorio, diventando nel tempo identità e orgoglio dei romanesi.

Gli attuali gestori del “Leon d’Oro”, Paolo e Antonella, subentrati un anno fa nella gestione del locale, sono molto amareggiati nel dover gettare la spugna dopo tanti sacrifici e dopo aver inutilmente percorso tutte le strade istituzionali per poter mantenere quelle peculiarità vitali, Totocalcio e scommesse sportive, che sono state tolte al locale e che di fatto attiravano i clienti. Stando alle testimonianze orali, pare che la trattoria sia stato aperta verso il 1866, anche se la prima notizia documentata della presenza del “Leon d’Oro” a Romans la riporta l’Almanacco e guida della città e provincia di Gorizia per l’anno 1878, che così scriveva: «Romans 1600 abitanti. Podestà Giuseppe conte Borisi. Medico Camillo nobile del Torre. Ristoranti ed osti Eugenio Pauluzza».

Lo stesso Pauluzza appare nel verbale di Angela Bernama (pare si tratti di Barnaba) in Pauluzza, del 21 settembre 1882, stilato in occasione della cattura dell’irredentista triestino Guglielmo Oberdan. Questi, infatti, nel suo ultimo tragitto da Udine a Trieste, assieme ad un amico e a bordo di un calesse guidato da una terza persona, si fermò al “Leon d’Oro” per rifocillarsi. Nella deposizione della titolare si legge: «Sono Angela Bernama del fu Francesco da Medeuzza, di anni 28, cattolica sposata in Domenico Pauluzza di Eugenio, conduttrice d’osteria. I due signori – aggiungeva Angela – entrarono nell’osteria assieme al cocchiere, presero vino, prosciutto e salame e dopo mezz’ora proseguirono per Sagrado».

Dopo i Pauluzza, nel 1912 il locale passò alla famiglia calciofila dei Candussi, che nel 1921, proprio al “Leon d’Oro”, fece nascere la Pro Romans, la società calcistica del paese, che per l’intero Novecento fissò poi la sua sede sociale in quella trattoria, dove alla fine di ogni gara i tifosi locali si ritrovavano numerosi per commentare le sfide, gustando i prodotti della cucina ed i vini della casa. La famiglia Candussi mise pure a disposizione della Pro Romans, fino nel 1954, una stanza adibita a spogliatoi per gli atleti, che si lavavano nel cortile azionando a turno una pompa a ruota. Nel cortile della trattoria veniva pure posizionato il tavolaccio per ballare durante le feste, le sagre paesane e in occasione della fiera novembrina di Santa Elisabetta, così come della famiglia Candussi era pure il fabbricato, lato destro nel cortile, usato come la prima sala cinematografica del paese, il “Cinema Italia”.

Venne aperta nel 1925 da Antonio Pian di Sagrado, per la proiezione di film muti accompagnati al pianoforte da Giuseppe Plezzi. Proiezioni che si protrassero fino al 1938. Nel 2003 il noto regista Franco Giraldi, accompagnato da Sandro Scandolara, giunse a Romans per visitare proprio quella vecchia sala, che rappresentava la storia locale del cinema.

Ed ancora, nella trattoria al “Leon d’Oro” i romanesi gustarono i primi gelati, che i Candussi preparavano con la macchina gelatiera posizionata in mezzo al bancone. I Candussi confezionavano anche i primi gelati ricoperti al cioccolato, “Il Pinguino”, sogno proibito dei bambini di allora. Tutto questo, dopo la chiusura, rimarrà soltanto un nostalgico ricordo per tante generazioni di romanesi.

 

Riproduzione riservata © Il Piccolo