Sloveno in Consiglio a Trieste: scatta il “no” bipartisan
Sloveno simultaneo? No, grazie. L’opposizione di centrodestra alza un muro e la maggioranza non sembra troppo convinta di abbatterlo. La fuga in avanti sul regolamento comunale del presidente del Consiglio Itztok Furlani› (Prc) e del consigliere Igor Švab (Pd) non trova grandi sostenitori. A partire dal sindaco la cui posizione («Meglio dare quei soldi a una biblioteca slovena) raccoglie molti estimatori nel campo avversario. E persino l’offerta di “un’altra” maggioranza che sostituisca la sinistra radicale e “bilingue”. Il punto di partenza, sostenuto sia Everest Bertoli (Fi), Roberto Decarli (Trieste Cambia) e Paolo Menis (Movimento 5 Stelle), è che l’argomento non è mai stato affrontato nella commissione dei capigruppo che si occupa della modifica del regolamento comunale. «In tre anni che stiamo revisionando il regolamento non si è mai parlato, neanche una volta, dello sloveno. Mai e poi mai» assicura Bertoli. Così pure Decarli: «Dal mio punto di vista non c’è alcun problema. Sono mezzo sloveno. Solo che non ne abbiamo mai parlato in questi due anni». E il grillino Menis conferma: «Sono due anni che facciamo riunioni per aggiornare il regolamento comunale, ma Furlani› non ha mai accennato allo sloveno. Mi sembra una cosa di nessuna utilità che incide economicamente e appesantisce i lavori dell’aula. Piuttosto cominciamo a parlare più lingue fuori dal Consiglio comunale».
Franco Bandelli (Un’Altra Trieste), stavolta, prova a parlare seriamente: «Non manca che Bella ciao all’inizio del Consiglio comunale con il coro partigiano. Lo sloveno simultaneo o l’incongruenza di Bertoli non possono essere i problemi di questa città. Il sindaco Cosolini deve prendere atto che la maggioranza non c’è più. Trovi lui un’alternativa a se stesso o è meglio andare a votare. Non è possibile andare avanti così. Esistono diverse formule. Basta ispirarsi al governo di Renzi».
Il più duro di tutti è il più a destra di tutti, Claudio Giacomelli, consigliere di Fratelli d’Italia An e coetaneo del presidente del Consiglio comunale: «Questa uscita alla vigilia del 60.mo anniversario del ritorno di Trieste all’Italia è una provocazione. Furlani› dovrebbe dimettersi per fare il presidente del consiglio comunale di Sesana (Sežana)». Il forzista Bertoli pone un problema politico: «Il dibattito innescato dal presidente del Consiglio comunale sull'utilizzo dello sloveno in aula certifica definitivamente il fallimento della maggioranza di Cosolini. Bastano tre parole per questi signori: “Andate a casa!». Al voto pensa anche Michele Lobianco di “Impegno civico”: «L'ennesima prova che la campagna elettorale per le prossime elezioni comunali è iniziata sta anche nella proposta dei consiglieri Furlanic e Svab che a insaputa del sindaco e del capogruppo Pd Toncelli, propongono l'utilizzo della lingua slovena. Una proposta assurda viste tutte le emergenze del Comune. Consiglio ai proponenti di cambiare tema elettorale e a ciò che resta della maggioranza di parlarsi». Il consigliere circoscrizionale Roberto Dubs (Pdl/Fi) si trova «d’accordo al 100% con il sindaco Cosolini: se anche si trovassero le coperture finanziarie tramite la legge per la tutela delle minoranze linguistiche tali soldi andrebbero spesi in qualcosa di più utile e concreto. Una biblioteca ad esempio, come suggerito dal sindaco, sarebbe un servizio di cui beneficerebbero tutti i cittadini della minoranza linguistica slovena, mentre la traduzione simultanea in Consiglio comunale andrebbe solo a vantaggio di uno sparuto gruppo di consiglieri che si contano sulle dita di una mano». Una richiesta «“superata dalla storia” che certifica, invece, il fallimento della maggioranza» secondo i consiglieri circoscrizionali Alberto Polacco e Franco Brussi (Pdl). Una proposta senza senso «a meno che non si voglia spostare il Municipio sull'altipiano».
E pure a sinistra, Marino Sossi, capogruppo di Sel, sceglie un approccio pratico. «Non ho nessun problema con lo sloveno, ma non mi sembra la priorità. Io sono per superare i muri. È un dato di civiltà. Se questo serve per costruire un sistema di dialogo da entrambe le parti si può discutere. Non so però se la traduzione simultanea in Consiglio comunale sia lo strumento più adatto».
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