Slovenia verso un governo di minoranza
LUBIANA Se già le temperature atmosferiche in questi giorni a Lubiana sono altissime, quelle politiche sono addirittura roventi, con il Paese che si trova veramente davanti alla possibilità di dover tornare nuovamente alle urne dopo le elezioni politiche anticipate del 3 giugno scorso. Fallito il tentativo del vincitore delle elezioni Janez Janša (Sds), a cui non sono bastati certo i 25 seggi conquistati per dare vita a un governo di destra, tutto ora è nelle mani della nascitura coalizione di centrosinistra capitanata da Marjan Šarec, leader dell’omonima lista, assieme a socialdemocratici, Smc, Lista Bratušek e Partito dei pensionati. Tutto risolto allora? Assolutamente no perché questa sorta di pentapartito non raggiunge una maggioranza in Parlamento che abbia i numeri per governare.
E dopo settimane di serratissimi e lunghissimi confronti politici con la Levica (sinistra, nove seggi) l’unico accordo, peraltro non ancora sottoscritto, sarebbe quello di un governo di minoranza sostenuto dall’esterno proprio da Levica con la formula del 5+1. Una trattativa, quella con Levica, che ogni qualvolta sembra essere sul punto di concludersi, inopinatamente si riapre. Ma i tempi non sono eterni, le scadenze costituzionali si avvicinano e quindi il Centrosinistra ha deciso di andare avanti presentando oggi la candidatura di Marjan Šarec a premier incaricato e quella del leader socialdemocratico Dejan Židan alla carica di presidente del Parlamento. Il tutto sarà discusso lunedì prossimo in aula.
Dicevamo di una trattativa non chiusa. Infatti Levica non è ancora convinta appieno sui contenuti del protocollo d’intesa predisposto con il Centrosinistra, ma soprattutto, nelle ultime ore, ha riacceso una polemica sulle modalità in cui proprio il Centrosinistra ha deciso la candidatura di Židan alla guida del Parlamento, ossia a porte chiuse e con Levica che ha appreso della candidatura solamente dai media sloveni. Apriti cielo!
Il problema è che, al di là di quelle che possono essere le sensibilità tattiche della “partita” in gioco, le condizioni poste da Levica al Centrosinistra sono talmente forti e vincolanti, prive però di una responsabilità diretta di governo, che renderebbero l’esecutivo ostaggio degli umori e dei malumori della giovane formazione partitica dai malcelati connotati comunisti, senza per questo dover necessariamente entrare in una valutazione tecnica del programma elaborato. Semplicemente a queste condizioni i meccanismi di governo andrebbero in tilt in pochissimo tempo inceppando gli ingranaggi politici e decisionali del Paese. La parola ora al Parlamento, da sempre sovrano in democrazia. —
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