Slovenia, una legge per limitare il diritto di asilo ai rifugiati
LUBIANA Janez Janša (destra populista) primo ministro sloveno, riprova a inasprire la legge che regola l’asilo dei migranti e la situazione in generale degli stranieri nel Paese. Lo fa con un disegno di legge del suo governo che è stato presentato in Parlamento e dove ha suscitato immediatamente la reazione negativa dell’opposizione. Un disegno di legge che richiama la stretta avviata giù da altri Paesi dell’Est, come l’Ungheria di Orban .
Sebbene il disegno di legge apporti notevoli modifiche per gli stranieri che lavorano in Slovenia il punto più controverso è quello relativo all’articolo 10 comma b. dove si consente alla polizia di respingere l'intenzione di uno straniero di richiedere asilo in quanto inammissibile in caso di migrazione di massa. Sebbene la soluzione sia molto simile a quella già annullata dalla Corte costituzionale, il ministro dell'Interno Aleš Hojs assicura che questa volta il testo è conforme alla Costituzione stessa.
Nell'ottobre 2019, i giudici costituzionali, annullando parte del contestato articolo 10 comma b, hanno sottolineato che il semplice fatto che uno Stato estradi un individuo in un altro Stato membro dell'Ue questo non può incidere sulla portata della protezione prevista dal principio costituzionale di non respingimento.
Secondo il ministro Hojs, questa volta la questione viene risolta introducendo il concetto di crisi complessa. In situazioni come quelle a cui abbiamo assistito in materia di migrazione nel 2015 e 2016, il governo potrà dichiarare una crisi complessa e sospendere temporaneamente l'attuazione della legge ad personam. Il ministro competente ritiene inoltre di essere riusciti a preparare una soluzione come quella imposta dalla Corte costituzionale.
Con la nuova legge il governo sta introducendo altre soluzioni nel campo degli stranieri. Hojs ha citato l’espulsione di stranieri residenti illegalmente nel Paese e l'estensione a due anni del termine per il ricongiungimento familiare. L'emendamento introduce un requisito per la conoscenza della lingua slovena per i richiedenti, in particolare a livello di base per uno straniero che entra nel Paese per la prima volta, e di livello A2 per quegli stranieri che risiedono in Slovenia da diversi anni.
Con la legge proposta, cambia anche il modo di dimostrare che uno straniero riceve effettivamente i mezzi necessari per la sussistenza. Questo sarà ora controllato dall'unità amministrativa attraverso i registri dell'amministrazione finanziaria. Muta altresì la serie di vantaggi di cui tenere conto. Quindi, secondo la nuova legge, nel calcolo «si applicherà solo lo stipendio nudo, ma non le indennità». Si trasferisce inoltre l'autorità per attuare misure di integrazione all'ufficio governativo per la cura e l'integrazione dei migranti.
Tutte negative le valutazioni espresse dall’opposizione. Violeta Tomić (Levica-Sinistra) sottolinea, come riportato da Rtv Slovenija, che «l'istituto di una crisi complessa, quando il governo lo dichiara, consentirebbe il rigetto dei profughi alla frontiera senza poter richiedere protezione internazionale». Secondo Tomić, ciò è incoerente con la Costituzione e la decisione della Corte costituzionale del 2019. Vojko Starović (Sab-Alleanza per Alenka Bratušek) la pensa allo stesso modo. Secondo lui, l'emendamento proposto porta soluzioni che vanno ancora nella direzione di limitare il diritto di asilo. Pertanto, in caso di dichiarazione di una crisi complessa, la polizia potrebbe «semplicemente respingere» l'intenzione dello straniero di richiedere protezione internazionale. Robert Polnar del Partito dei pensionati (Desus) è convinto che solo una legislazione e regole chiare possano prevenire la serie di abusi che stanno avvenendo ora, con il pretesto di falsi studi o di una fittizia ricerca di lavoro. Tuttavia, a suo avviso, la soluzione per dichiarare una crisi complessa non è chiaramente definita, poiché lascia possibilità troppo ampie per interpretazioni giuridiche diverse.
Se la legge passerà, e passerà, diventerà inevitabile un altro ricorso alla Corte costituzionale che diventa a questo punto l’unica barriera a una svolta autoritaria del sistema democratico sloveno. —
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