Slovenia pronta a blindare i confini

LUBIANA. Oramai i nervi sono tesissimi. Dopo il summit balcanico a Bruxelles per la gestione dell’emergenza migranti che non ha accontentato nessuno la situazione sta assumendo toni che potrebbero diventare incontrollati e incontrollabili. Ieri la Slovenia ha avvertito Zagabria che adotterà misure straordinarie nella loro frontiera comune se non cesserà di inviare rifugiati senza controllo, come concordato a Bruxelles domenica scorsa.
Lo ha ribadito il ministro degli Esteri sloveno, Karl Erjavec. «Le misure che prenderemo dipenderanno dal rispetto della convenzione di Bruxelles. Dobbiamo trovare il modo di garantire la sicurezza dei nostri cittadini e la sicurezza dei migranti», ha detto Erjavec. Dunque Lubiana è pronta a chiudere i confini con la Croazia. Parlando ai giornalisti a Lubiana, il ministro ha stimato che oggi e domani si vedrà se Zagabria rispetterà l’accordo, e tra le misure che sta preparando Lubiana non ha escluso l’installazione di una recinzione e lo stato d’emergenza. Erjavec ha precisato che la recinzione, lunga 670 chilometri del confine tra i due Paesi, dovrà essere controllata dalla polizia e probabilmente anche dall’esercito. La Slovenia, lo ricordiamo, ha già preso provvedimenti per rafforzare il controllo delle frontiere, tra cui l’impiego di soldati, o l’attivazione delle riserve di polizia in pensione. Erjavec si aspetta di ricevere 400 poliziotti questa settimana da Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Italia, Olanda e Germania. Sul territorio sloveno, con due milioni di abitanti, ieri erano circa 4.500 i rifugiati presenti nei centri, dopo gli ultimi arrivi di circa 8.500 persone. Altre 5.800 sono entrate ieri nel territorio sloveno, secondo i dati ufficiali.
Ma che la Slovenia sia praticamente allo stremo delle forze lo dimostra il ministro per la Pubblica amministrazione della Slovenia, Boris Koprivnikar, il quale ha emanato una circolare a tutti i ministeri e ai capi responsabili nei diversi settori della pubblica amministrazione con la quale chiede ai dipendenti pubblici di venire in aiuto della polizia e dei volontari per gestire la crisi migratoria. La proposta del ministro Koprivnikar a tutti i capi responsabili della pubblica amministrazione slovena è quello di lasciare che i loro dipendenti vadano ad aiutare i volontari nelle zone più colpite dal flusso migratorio, riconoscendo loro un'assenza retribuita dal lavoro. Ai dipendenti che ne faranno richiesta per aderire all'aiuto, saranno garantiti i pasti e una assicurazione contro gli infortuni.
Chi spera fortemente che non si debba arrivare alle estreme conseguenze della chiusura dei confini è il primo ministro sloveno, Miro Cerar che in un’intervista alla Cnn ha affermato di non voler giungere a un’opzione ungherese sulla gestione dei migranti. «Credo nella Slovenia e nella sua gente - ha detto il premier - e credo anche nell’Europa perché il mondo non può stare senza l’Europa, ha bisogno del suo spirito e della sua cultura». Evidentemente qualche tiratina d’orecchi Cerar l’ha ricevuta a Bruxelles dopo le sue dichiarazioni che parlavano, alla vigilia del summit balcanico sui migranti, di una possibile fine dell’Ue. «Sì, l’ho detto - ammette lo stesso premier sloveno - ma volevo solo mettere tutti di fronte al rischio perché era necessario dare risposte concrete alla crisi in corso». Chi invece è sicuro che non si chiuderanno i confini è il sottosegretario agli Interni, Boštjan Šefic che in serata ha smentito quanto sostenuto in precedenza dal suo ministro degli Esteri. Evidentemente qualche corto circuito comincia a serpeggiare nell’esecutivo di Lubiana.
Sul terreno l’area maggiormente provata in Slovenia è quella di Rigonce e di Brežice. Il susseguirsi dei bollettini ufficiali degli ingressi in Slovenia e delle uscite verso l’Austria sono diventati oramai una sorta di tristissimo diario della quotidianità. E da ieri la Slovenia si è “inventata” anche il transito dei migranti “train to train”. La cosa è subito spiegata. Ieri a Dobova (confine croato-sloveno) è giunto un convoglio ferroviario con 1.071 migranti. La Slovenia li ha fatti scendere per identificarli, come impongono le regole di Schengen (la Slovenia è confine esterno dell’area europea senza confini), ma poi li ha fatti salire su un altro treno, questa volta delle Ferrovie slovene per portarli a Šentilj sul confine con l’Austria.
È evidente che una delle principali preoccupazioni di Lubiana è che i migranti possano andarsene “a spasso” per il Paese, la strategia è quella dell’instradamento verso l’Austria che, a questo punto, potrebbe dire della Slovenia ciò che della Croazia sta dicendo la Slovenia stessa. Insomma più a Nord poi c’è la Baviera che critica l’Austria, una sorta di “catena di Sant’Antonio” delle responsabilità.
Al di là delle accuse e delle repliche la Slovenia, messa di fronte alla super emergenza, ha deciso di creare un coordinamento nazionale per affrontare l’emergenza sanitaria che un siffatto afflusso di persone attraverso il suo territorio sta determinando. Le strutture per fronteggiare l’emergenza sanitaria sono sottoposte in queste ore a un super lavoro mentre l’Ungheria, nonostante il suo arroccarsi oltre i muri e le i fili spinati, ha inviato un gruppo di otto operatori sanitari, tra cui due medici, che garantiscono un servizio operativo 24 ore su 24. La oramai fin troppo nota legge del “but not in my courtyard”.
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