Slovenia: paga all’80% se in quarantena. In Croazia nuovi contagi oltre quota 300
ZAGABRIA L’inclusione della Croazia da parte del governo di Lubiana nella zona rossa per quanto riguarda l’epidemia da coronavirus sta mettendo in difficoltà migliaia di sloveni che hanno deciso di concludere le loro ferie in terra croata nonostante l’appello delle autorità della Slovenia di rientrare prontamente a casa dove dovranno comunque affrontare un perido di 14 giorni in quarantena. Il tema principale era se il periodo trascorso in isolamento sarebbe stato coperto dalla malattia, equivalente al percepimento per quelle giornate dell’ottanta per cento dello stipendio, oppure i “ritardatari” sarebbero rimasti a bocca asciutta rischiando addirittura il licenziamento.
Se il ministro degli Interni Ales Hojš paventava scenari bui per chi si era ostinato a rimanere ad abbronzarsi sulle cote istriane o dalmate, il ministro del Lavoro Janez Cigler Kralj ha chiarito ogni dubbio affermando che anche chi ritornerà “in ritardo” dalla Croazia sarà coperto per il periodo di quarantena. Il ministro ritiene che molti cittadini abbiano agito in modo responsabile e siano tornati in Slovenia in tempo, ma a margine di una visita alla Camera dell'artigianato e dell'imprenditoria slovena (Oza) a Lubiana, ha sottolineato che la legge si applica a tutti gli sloveni che si siano recati in Croazia prima che la stessa fosse dichiarata zona rossa.
Chi ritornerà in Slovenia finirà in quarantena al ritorno, ma avrà il diritto a un risarcimento dell'80% della paga, ha confermato. Ha ricordato che il governo ha invitato i turisti sloveni o chi risiede nella sua casa di villeggiatura in Croazia a tornare il prima possibile per prendersi cura della propria salute. «Penso che molti cittadini, soprattutto quelli che hanno obblighi nei confronti dei loro datori di lavoro e devono portare i loro figli a scuola dal 1° settembre, abbiano preso una decisione responsabile e abbiano risposto a questa chiamata», ha sottolineato.
Alla domanda se il fatto che alcuni non siano tornati, tuttavia, non gli sembrasse un comportamento irresponsabile, Janez Cigler Kralj ha risposto che è difficile commentare questo comportamento visto che «viviamo in una società libera». «La libertà include sempre la responsabilità di assumersi le conseguenze che seguono ogni decisione», ha aggiunto. Secondo le ultime stime, ci sono dai 30.000 a 40.000 sloveni ancora in Croazia.
Ieri in Slovenia ci sono stati 33 nuovi contagi e nessun decesso, un andamento che è in linea con quello registrato negli ultimi giorni anche in Friuli Venezia Giulia. Non migliora la situazione in Croazia che anche ieri ha registrato 304 nuovi contagi (5 in Istria con un decesso) e complessivamente 19 morti. Anche la Bosnia-Erzegovina viaggiava ieri sopra quota 300 nuovi infetti (311) mentre in Macedonia del Nord i nuovi contagi sono stati 119. Le autorità di Skopje, comunque, di fronte alla nuova ondata epidemiologica hanno deciso di rinviare l’inizio dell’anno scolastico a ottobre. In queste settimane i responsabili scolastici avranno la possibilità di preparare adeguatamente e adattare aule e ambienti alle condizioni previste per la prevenzione anti-Covid, in primo luogo distanza e obbligo di mascherine.
In
Serbia in vista dell'apertura dell'anno scolastico il primo settembre, il più noto epidemiologo del Paese Predrag Kon ha proposto che gli studenti tornati di recente da vacanze all'estero si presentino a scuola con un ritardo di dieci giorni. Citato dai media, lo specialista, che fa parte della task forze per il contrasto al coronavirus, ha detto che è reale il rischio che tali ragazzi siano tornati in Serbia contagiati, e che pertanto sarebbe sensato ritardare il loro ritorno a scuola.
Per il resto, ha osservato, è tutto in regola, gli istituti sono pronti ad accogliere gli allievi con tutte le misure di prevenzione previste: mascherine, distanza fisica, igiene e disinfezione frequente di locali e materiale didattico. Il ministero dell'Istruzione ha fatto sapere ieri che ha messo a disposizione 10 mila visiere a disposizione di studenti che per vari problemi di salute non possono portare a lungo la mascherina.
La premier Ana Brnabić, dal canto suo, ha dichiarato di non vedere alcuna necessità di rinviare di due settimane l'inizio dell'anno scolastico, come proposto dai sindacati. —
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