Slovenia, individuata una foiba in cui morirono 1.500 anti-titini

La stima della commissione governativa per le vittime. Tra gli oggetti ritrovati nelle vicinanze, 146 medagliette con volti di santi. Caccia a testimoni ancora vivi

LUBIANA. Ancora un altro orrore del primissimo dopoguerra jugoslavo viene alla luce in Slovenia. La speciale commissione governativa che si occupa delle vittime della violenza titina alla fine della Seconda guerra mondiale ha portato alla luce l’ennesima grotta o foiba in cui hanno trovato la morte almeno 1.500 persone. Si tratta dell’area della Macesnova Gorica nella regione del Kočevski rog che si estende tra Novo Mesto e Kočevje. «Non abbiamo archivi - spiega il presidente della commissione Jože Dežman - per questo scaviamo la terra e così facendo abbiamo trovato i resti degli uccisi dopo la guerra, a circa venti metri di profondità. Continueremo la nostra esplorazione della storia l'anno prossimo».

Il direttore della municipalizzata di Kočevje, Mark Kljun spiega che dall'inizio di agosto fino a poco tempo fa sono stati scavati 3000 metri cubi di materiale su un’area di 800 metri quadrati e così sono spuntati i primi resti. Lo speleologo Bojan Vovk, calatosi nelle profondità della grotta, è risalito con due oggetti: il residuo di una scatola di legno per detonatori elettrici e il residuo del filo con cui furono uccisi i prigionieri dei titini. Secondo Dežman, ora sorge la domanda: chi ha ucciso e poi minato la grotta? Tutto è avvolto in un velo di mistero, poiché coloro che dovrebbero sapere qualcosa sulle vittime rimangono in silenzio. Di quelli che sono sopravvissuti alla caduta nell'abisso, che sono stati colpiti ma senza ferite gravi, almeno sette sono stati salvati e grazie alle loro testimonianze è stata scoperta questa nuova foiba.

«Stiamo ancora lavorando per capire il numero di vittime presenti nella caverna - spiega Dežman al quotidiano Delo di Lubiana - il fatto che siano stati trovati più di 60 chilogrammi di oggetti in una dolina prima dell'abisso, dolina dove furono giustiziate le vittime, indica che siamo di fronte a un evento importante. Tra le altre cose sono stati trovati 185 croci, 146 medagliette con l’effigie di santi, numerose fibbie per cinture e altre attrezzature».

«Secondo i dati raccolti, almeno 1.500 sloveni furono portati a Kočevski rog - prosegue il presidente - le nostre operazioni di scavo evidenzieranno quanti furono uccisi nella grotta sotto la Macesnova Gorica. Quindi sapremo se è necessario continuare a cercare un'altra foiba nell'area delle caverne di Ušiv». Un testimone dice di conoscere almeno uno degli autori di questa strage e così Dežman, a nome della commissione, ha rivolto domande su questo evento, tra l'altro, all'Associazione dei combattenti per i valori della lotta nazionale di liberazione della Slovenia (Zzb Nob), ma non ha ricevuto una risposta sui possibili autori dei crimini. Il loro presidente,

Marijan Križman ha detto al Delo che le esecuzioni dei membri catturati dei gruppi armati sono avvenute immediatamente dopo la sanguinosa guerra, in cui i membri dei gruppi ustascia hanno commesso crimini inimmaginabili e che il destino dei prigionieri è stato poi deciso dall’Ozna (la famigerata polizia politica di Tito), quindi gli investigatori di quegli eventi non dovrebbero incontrare particolari problemi.

Ma intanto lui tace e non fa nomi. Il criminalista Pavel Jamnik afferma che il Kočevski rog è sinonimo in Slovenia di omicidi di massa e che la polizia negli ultimi vent’anni non ha identificato alcun colpevole. Ma una cosa è certa: finché esiste la possibilità che i protagonisti di quegli eventi siano ancora vivi, la polizia criminale non si fermerà. 

 

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