Slovenia, Croazia e Germania premono per l’allargamento a Est dell’Unione europea

Zagabria con Lubiana per la Bosnia, Berlino mira all’Albania e alla Macedonia del Nord
Stefano Giantin

Una manovra a tenaglia per convincere i Paesi Ue più riottosi a non abbandonare a sé stessi i Balcani. È quella che si sta pianificando sull’asse tra Lubiana e Berlino con appoggi importanti a Zagabria, capitali sempre più impegnate nel ridare slancio al processo d’allargamento Ue.

Lo hanno confermato le mosse della Slovenia, che ha ieri presentato ai ministri degli Esteri Ue una «proposta» concreta che porti in primis a garantire alla Bosnia lo status di Paese candidato all’adesione, già questa settimana.

A confermarlo è stato la ministra degli Esteri slovena Tanja Fajon, che ha sottolineato quanto sia importante - anche simbolicamente - che anche la Bosnia ottenga la sospirata luce verde, senza vedersi sorpassata da Ucraina e forse anche da Georgia e Moldova; una linea sostenuta in precedenza anche dal neo-premier Golob e ancora una volta ieri dal presidente Borut Pahor, che ha parlato di una delle «ultime chance». Si tratterebbe di un «segnale importante» per Sarajevo e di una mossa obbligata, per la Ue, per non «perdere credibilità» nei Balcani, ha sottolineato Fajon.

La proposta slovena, secondo indiscrezioni dell’agenzia di stampa Sta, prevede che la Bosnia ottenga subito lo status, impegnandosi ad approvare «alcune leggi» concordate la settimana scorsa dai leader bosniaci e dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Sarà questa la condizione per un ulteriore significativo passo, l’apertura dei negoziati d’adesione veri e propri. Tra le leggi da varare, una sul conflitto d’interessi e l’altra sul funzionamento della giustizia.

Riuscirà a prevalere la linea slovena? «Ho sensazioni po

sitive», ha detto ieri Fajon, che potrà contare sul sostegno della Croazia. «Se l’Ucraina ottiene lo status di Paese candidato, anche la Bosnia» deve riceverlo, ha infatti illustrato il presidente croato Zoran Milanović. D’altronde, dare «luce verde» solo a Kiev e non a Sarajevo, che attende il gran passo da più di un decennio, sarebbe «un’umiliazione» per la Bosnia e per il resto dei Balcani, ha rimarcato l’ex premier croata Jadranka Kosor.

È questa un’opinione che comincia a fare breccia anche in altre capitali Ue molto importanti, e pure per altri Paesi balcanici. Fra queste c’è sicuramente Berlino, con la ministra degli Esteri Annalena Baerbock che ieri ha chiesto che si aprano «subito» i negoziati d’adesione con Albania e Macedonia del Nord, bloccati dal veto bulgaro. «L’Europa cresce sempre nei momenti difficili e noi siamo favorevoli anche a lanciare un messaggio ai Balcani occidentali», ha sottolineato Baerbock prima del consiglio Affari esteri in Lussemburgo.

Senza dimenticare il Kosovo, che da anni – malgrado abbia soddisfatto tutti i requisiti – inutilmente attende l’abolizione del regime dei visti per viaggiare nella Ue, altra grande mortificazione. La liberalizzazione dei visti «riconfermerebbe l’impegno Ue per i Balcani», ha così sottolineato anche Fajon. La palla è ora al centro, giocatori tutti i Paesi Ue, che dovranno decidere entro la settimana, in coincidenza con il vertice Ue-Balcani in proramma giovedì.

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