Slovenia, cresce la rivolta delle bici. Il presidente: perseguire i corrotti
LUBIANA La rivolta delle biciclette in Slovenia contro il malaffare che ha gestito l’acquisto dei presìdi di protezione personale ai tempi della pandemia da coronavirus prosegue e si amplia coinvolgendo non solo la capitale Lubiana, ma anche altre città del Paese. A livello politico istituzionale prende posizione anche il presidente della Repubblica Borut Pahor, il quale in un’intervista rilasciata a Rtv Slovenija ha dichiarato che «è umanamente dispiaciuto che ciò sia accaduto perché ha gettato un'ombra sul comportamento altrimenti eccellente del governo e del Parlamento in queste, diciamo, circostanze speciali».
«Sia il governo che il Parlamento - ha proseguito - ciascuno a modo suo, hanno lavorato alla luce del sole. Questa è stata la faccia buona della politica slovena, fino a quando non è arrivata questa ombra di dubbio che qualcuno avesse potuto ottenere un vantaggio personale o agire in contrasto con alcune leggi e altri regolamenti fondamentali». «Quindi, aspettiamo le indagini - ha concluso Pahor - che prima di tutto le farà il governo. Mi aspetto anche un'indagine imparziale, sia delle istituzioni politiche, che dello stato di diritto». Dunque, la più alta carica dello Stato prende chiaramente posizione sulla vicenda che il governo guidato dal premier Janez Janša (destra populista) ha fin qui cercato di nascondere sotto il tappeto, sminuendone la portata e il valore delle accuse. Ora non potrà più insabbiare nulla soprattutto se, come chiesto da Pahor, anche la magistratura farà la sua parte.
Intanto sul terreno la gente inizia ad alzare la voce, anzi il suono dei campanelli delle biciclette. Nata su iniziativa di 23 gruppi di Facebook la protesta ha esordito venerdì scorso nel tardo pomeriggio a Lubiana. Ieri si è svolto il secondo capitolo che ha visto una contemporanea protesta anche in altre città della Slovenia come Nova Gorica, Ptuj, Trbovlje, con il “picco” massimo di partecipazione registrato a Maribor con oltre mille partecipanti. Erano circa duecento invece ieri mattina a Lubiana, molti meno del capoluogo della Stiria, ma molto arrabbiati e “rumorosi”. La protesta si è principalmente incanalata contro la corruzione e alcuni casi di nepotismo che si sarebbero verificati nelle procedure pubbliche di acquisto da parte del governo delle mascherine di protezione anti Covid-19, ma vuole essere una denuncia anche contro alcune decisioni prese dal governo Janša per arginare il contagio da coronavirus che ha concesso poteri straordinari alla polizia, che vorrebbe concedere all’Esercito i poteri di polizia e che, a detta dei manifestanti, ma anche di alcuni partiti dell’opposizione, avrebbe violato la Costituzione del Paese.
Ad attendere la protesta su due ruote a Lubiana c’erano gruppi di agenti di polizia che hanno posto un cordone davanti alla sede del Parlamento vietando in pratica l’accesso alla piazza della Repubblica. Non ci sono stati scontri, né momenti di tensione e tutto si è svolto in modo civile. Piccole proteste sono state segnalate, come detto, anche in alcune altre città slovene, che hanno anche manifestato sostegno al funzionario della Riserva delle materie prime di Stato, Ivan Galet, il quale, ricordiamo, ha svelato alla televisione nazionale una serie di controverse procedure per l'approvvigionamento di dispositivi di protezione durante l'epidemia di Covid-19. Il gruppo su Facebook a supporto di Galet ha già circa 54.000 follower. Il team di supporto a Ivan Galet ha dichiarato al pubblico e ai media di non avere nulla a che fare con le proteste “in bicicletta”, ma, ha precisato, «non abbiamo mai incoraggiato o scoraggiato nessuno da queste proteste». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo