Slovenia con Budapest, Lubiana si spacca

La lettera di Janša a sostegno di Polonia e Ungheria sul Recovery Fund solleva critiche anche dagli alleati di governo
Il premier sloveno Janez Janša
Il premier sloveno Janez Janša

LUBIANA Dure critiche trasversali e ferme prese di distanza, bacchettate dal presidente Pahor e una profonda spaccatura all’interno della stessa maggioranza di governo.

Sono le conseguenze dirette, in Slovenia, della controversa discesa in campo del premier conservatore Janez Jansa, che si è schierato in maniera palese a fianco di Polonia e Ungheria nella battaglia in corso sul budget Ue tra Bruxelles, Varsavia e Budapest. Lo ha fatto con una lettera inviata a sorpresa martedì ai maggiori leader europei, in cui Jansa ha apertamente difeso il veto di Ungheria e Polonia al Recovery plan e al budget europeo, annunciato dopo che Bruxelles ha espresso la volontà di inserire una clausola di condizionalità sullo stato di diritto. Ungheria e Polonia che hanno ragione a minacciare il veto – anche se la Slovenia non seguirà la stessa strada – ha scritto Jansa in una missiva indirizzata al presidente del Consiglio europeo Charles Michel, a Ursula von der Leyen e ad Angela Merkel.

Secondo il premier sloveno, infatti, sarebbe del tutto errato collegare l’erogazione di fondi a «meccanismi discrezionali basati non su un giudizio indipendente ma su criteri politicamente orientati», ha scritto il primo ministro sloveno, accusando «alcuni gruppi» dell’Europarlamento di voler solo «disciplinare» presunti membri discoli della Ue come Ungheria e Polonia, per di più «secondo parametri politici, non collegati all’effettivo rispetto dello stato di diritto».

Si tratta di una vera e propria distorsione della realtà, di un’ingiustizia, ha suggerito il leader sloveno, che ha addirittura paragonato le mosse della Ue a quelle dei regimi comunisti pre-1989. E biasimato i presunti «doppi standard» che sarebbero stati pensati per punire in particolare il suo modello, Viktor Orban, da Jansa più volte copiato in particolare su “guerra” a migranti, attacchi alle voci critiche e sostegno a media compiacenti, simile nel modo di governare tra mano ferma e cedimenti al populismo, nel sostegno aperto a Trump.

La difesa a spada tratta di Orban non è però piaciuta a molti, a Lubiana. Non è andata giù, com’era nelle attese, all’opposizione, con il leader di Levica, Luka Mesec, che ha accusato il premier di voler solo restituire «favori ai suoi padrini politici di estrema destra» in Ungheria e Polonia, mettendo però a rischio «gli interessi della Slovenia, che ha un disperato bisogno di aiuti Ue» nell’emergenza coronavirus, come tanti altri Paesi europei.

Ma la controversa lettera ha provocato mal di pancia anche al presidente Borut Pahor, che ha ribadito che gli accordi raggiunti tra Parlamento europeo e Consiglio Ue vanno rispettati. Duri i toni anche nella stessa maggioranza. Quella controversa lettera è esclusiva espressione «dell’opinione personale» di Jansa e non del resto dell’esecutivo, ha assicurato Matej Tonin (Nuova Slovenia). Critici anche i partner di governo dell’Smc, che hanno sottolineato che lo stato di diritto è pietra miliare della Ue. Ancora più duro il ministro della Salute, Tomaz Gantar, che ha ammesso che la missiva colloca la Slovenia fra i Paesi «problematici» nella Ue, in compagnia appunto dei controversi e scomodi modelli di Jansa, Budapest e Varsavia. —


 

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