Slovenia, Cerar difende il suo “muro”

LUBIANA. Sul filo spinato anti-migranti collocato lungo il confine con la Croazia il premier della Slovenia, Miro Cerar non fa un passo indietro, nonostante le numerose proteste da parte della popolazione che vive nelle aree interessate dal “muro” e che “minacciano” addirittura di ricorrere all’arma referendaria. Nel corso della sua ultima visita ai centri di accoglienza temporanea di Dobova e Šentilj il primo ministro ha ribadito per l’ennesima volta che «gli strumenti tecnici» (così definisce il filo spinato) sono assolutamente indispensabili anche alla luce di un prossimo forte aumento del flusso di migranti verso la Slovenia.
«Tra qualche mese - ha ribadito il premier davanti ai taccuini dei giornalisti - potremo di nuovo essere sommersi da un enorme marea di migranti e per questo dobbiamo prepararci seriamente». Fino a quando sussiste il pericolo che masse di rifugiati si disperdano lungo una vasta area «mi sento responsabile di offrire alla Slovenia sicurezza e, quindi, uno stretto controllo del flusso dei migranti». «Se poi riusciremo a trovare una soluzione al problema migranti in sede europea e quindi potremo togliere le barriere, che sono temporanee, io sarò l’uomo più felice di questa terra».
Sempre in tema di migranti, Cerar ha ribadito anche l’estrema necessità di una maggiore collaborazione con le autorità della Croazia e si è detto pronto, quando i tempi saranno maturi, a incontrare il futuro premier croato per discutere sulla massima cooperazione tra i due Paesi. La collaborazione con la Croazia, ha ribadito, è buono ma deve esere migliore perché c’è sempre poco dialogo e scarsità di informazioni sull’arrivo e il transito dei flussi migratori verso il centro Europa.
Se poi gli altri Paesi, leggi in primis Austria e Germania, dovessero rallentare l’ingresso dei migranti nei propri confini la situazione in Slovenia rischierebbe il collasso e proprio per questo sono indispensabili rapporti ottimali con la Croazia anche perché la Slovenia deve fare di tutto per garantire il massimo controllo lungo i confini esterni dell’area Schengen.
A Šentilj il primo ministro ha ringraziato tutti quelli che si occupano della gestione dei migranti nel campo di accoglienza temporanea allestito sul confine con l’Austria. «Dobbiamo dire grazie - ha affermato - a tutti coloro i quali si occupano dal punto di vista umanitario dei rifugiati. La polizia, l’esercito, i volontari, gli operatori umanitari e sanitari con la loro opera di fatto evitano che di questo problema venga coinvolto il resto della popolazione slovena». I poliziotti hanno colto l’occasione per ribadire al premier i problemi che attanagliano la loro professione e che sono al centro di una lunga diatriba con il governo, problemi costituiti principalmente da paghe molto basse e da attrezzature obsolete.
I timori di Cerar su un riacutizzarsi della crisi migranti con nuovi massicci flussi soprattutto a partire dalla prossima primavera viene confermato altresì dalle notizie che giungono dalla Grecia. «Siamo di fronte a un nuovo fenomeno - ha detto il viceministro con delega all’immigrazione, Joanis Muzalas - ci sono moltissimi migranti che iniziano ad arrivare dal Marocco e dall’Algeria».
Muzalas ha chiaramente detto che si tratta di cosiddetti “migranti economici” che dovrebbero essere bloccati in Turchia per fare in modo che non si uniscano alle migliaia di siriani, iracheni e afghani pronti a intraprendere la cosiddetta rotta balcanica. Attualmente entra giornalmente in Grecia una media di 4mila migranti al giorno. Muzalas ha negato che la Grecia faccia poco per garantire la sicurezza dei suoi confini e ha rimandato le accuse alla Turchia.
(m. man.)
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