Simboli ustascia, gli Usa avvisano Zagabria

L’inviato di Washington per i temi dell’Olocausto: governo e presidenza prendano sempre posizioni ferme

BELGRADO. Chi è al governo a Zagabria reagisca con maggior forza all'esposizione in pubblico di simboli che si richiamano al passato regime ustascia. E lavori con vigore alla restituzione dei beni confiscati agli ebrei nella buia epoca del "poglavnik", il duce croato, Ante Pavelic.

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A indirizzare l'auspicio-messaggio alla Croazia è stato Tom Yazdgerdi, dal 2016 inviato speciale per il Dipartimento di Stato americano sulle questioni relative all'Olocausto.

Yazdgerdi ha visitato la Croazia incontrando le autorità locali e facendo tappa anche a Jasenovac, il campo della morte dove gli ustascia uccisero almeno 80mila serbi, rom ed ebrei nella Seconda guerra mondiale.

Campo dove anche quest'anno il Coordinamento delle organizzazioni ebraiche in Croazia non si presenterà alle commemorazioni ufficiali di aprile per denunciare l'inazione delle autorità verso i nostalgici di Pavelic o i revisionisti. «Niente è stato fatto in un anno», ha detto Ognjen Kraus, numero uno dell'associazione.

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A nome di Washington, lo "special envoy" Yazdgerdi ha bacchettato Zagabria per le tardive e non sufficienti reazioni all'esposizione di lapidi come quella collocata proprio vicino a Jasenovac da ex combattenti delle ultime guerre balcaniche, con inciso lo slogan ustascia "Za dom spremni".

«I simboli sono importanti e sappiamo che quella lapide è particolarmente offensiva verso i sopravvissuti all'Olocausto e i loro familiari, è dura per loro vedere quei simboli», ha detto Yazdgerdi, citato dall'agenzia di stampa croata Hina.

Yazdgerdi è stato anche più chiaro in un'intervista alla Tv N1: «Penso sia importante che governo e presidenza rispondano adeguatamente» a tutti i casi simili, ha detto. La teoria del non parlarne per non dar spazio agli estremisti non piace a Yazdgerdi: «Bisogna condannare» a voce alta.

«Il governo croato in generale lo ha fatto, ma è importante essere costantemente vigili, si tratti di una marcia pro-ustascia», come quella organizzata a Zagabria a febbraio, o «dell'uso di simboli evocanti odio», ha rincarato Yazdgerdi.

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Yazdgerdi a Zagabria ha toccato anche il tema delle proprietà confiscate agli ebrei durante l'«arianizzazione» forzata della Croazia, sotto Pavelic.

E ha lanciato un «messaggio primario: vorremmo che il governo velocizzasse il processo», ha detto, citato dal portale Balkan Insight: «Perché i sopravvissuti alla Shoah «muoiono giorno dopo giorno» e fra non molto non ci sarà più a chi restituire.

Parole che faranno piacere ai protagonisti della "class action" da 3,5 miliardi di dollari contro la Croazia per la confisca dei beni a ebrei, serbi e rom, causa che però pare destinata a fallire perché Zagabria rifiuta il titolo di legale successore dello Stato indipendente del duce croato.

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