Silos di Trieste sgomberato in due settimane, il sindaco Dipiazza ha firmato l’ordinanza: i migranti saranno portati fuori città
TRIESTE. Sgombero entro quindici giorni. Migranti spostati fuori Trieste. Chiusura. E vigilanza. Mesi fa il sindaco Roberto Dipiazza aveva detto che per il Silos lui non avrebbe fatto «niente», invece ora ha deciso di prendere in mano la situazione e finirla una volta per tutte con quello scempio che neanche le bidonville del terzo mondo.
Il primo cittadino, conscio di sollevare polemiche (ma le polemiche, aspre, si erano levate pure quando aveva scandito quel tombale «niente») ha firmato un’ordinanza che ha mandato alla Prefettura, alla Questura, ai Carabinieri e alla Guardia di finanza. Quindi nel giro di un paio di settimane poliziotti e militari entreranno nella struttura fatiscente per portare via le persone che dimorano dentro e trasferirle in altre località. «Non quella di Campo Sacro», ci tiene a precisare lui, «non è ancora pronta».
Dunque l’ordinanza «urgente», come viene specificato nel documento, per un edificio «degradato» e in «completo abbandono». Considerazioni che il Comune trae anche per effetto di un sopralluogo dello scorso 2 aprile del Dipartimento di prevenzione Asugi in cui erano state riaccertate le «evidenti precarie condizioni igienico sanitarie, strutturali e di invivibilità già verificate» in precedenza in cui vivono «abusivamente» molti migranti accampati in giacigli improvvisati. Un sito che «non è assolutamente idoneo ad accogliere persone, in quanto l’assenza di acqua, energia elettrica e servizi igienici non garantisce l’osservanza delle più elementari regole d’igiene con conseguente grave pregiudizio per l’incolumità e la salute degli occupanti e delle popolazione».
Il sopralluogo ha accertato ciò che le cronache documentano da anni: cumuli di spazzatura come una discarica, persone che dormono e mangiano nel fango, tra gli escrementi e i ristagni d’acqua. Negli impaludamenti del terreno si accumulano rifiuti di ogni genere: indumenti, cartoni, avanzi di cibo e «materiali putrescibili – così nel documento – che favoriscono il ricettacolo di ratti e animali vari», oltre agli insetti. L’occupazione abusiva «rappresenta un grave pericolo per l’igiene, la sicurezza e l’incolumità». Di qui la decisione del sindaco di «ordinare» lo sgombero, il divieto di accesso e di utilizzo dell’edificio.
La proprietà dell’immobile, Coop Alleanza 3.0, dovrà provvedere «al più presto e non oltre quindici giorni dalla notifica del provvedimento», a mettere in sicurezza la struttura asportando i materiali e i rifiuti (compresi i giacigli, per evitare il rischio di incendi), a recintare l’immobile per impedirne l’accesso, a posizionare una segnaletica ad hoc (di pericolo e di divieto) e ad assicurare una vigilanza anche con le guardie giurate. A questo proposito Dipiazza intende mandare pure le pattuglie della Polizia locale «per non tornare punto a capo». L’ordinanza verrà inviata, oltre alla Coop Alleanza 3.0, alla Prefettura e alle forze dell’ordine, anche ai Vigili del fuoco e all’Asugi.
«Lo sgombero sarà eseguito entro quindici giorni da Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza e Polizia locale», rimarca il sindaco. «I migranti saranno portati via con le corriere fuori Trieste. E – ribadisce – non a Campo Sacro perché non è ancora pronto». Lì le persone saranno collocate successivamente, in caso di nuovi arrivi. «La mia preoccupazione – confida – è l’estate. Stiamo già vedendo cosa succede a Lampedusa». Dipiazza è consapevole che i profughi potrebbero rifugiarsi nei magazzini abbandonati del Porto vecchio: «Mentre il Comune non può entrare al Silos e sgomberarlo, perché appunto di proprietà privata e quindi serve un’ordinanza, posso invece farlo con i magazzini comunali. A Trieste – spiega il sindaco – abbiamo profughi che arrivano anche da Perugia, questo perché ci sono le associazioni umanitarie che attirano le persone. Infine una frecciata alla sinistra: «Ha voluto l’accoglienza diffusa, un fallimento – osserva – mentre con qualche caserma abbandonata in Friuli avremmo già risolto».
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