Sigarette, a Trieste avanti con la trattativa ma non è targata Philip Morris
La Philip Morris si tira fuori elegantemente dall’affaire Trieste con un grazie non fumo. La multinazionale - in una nota - sostiene di non essere mai entrata in questo progetto che prevede la realizzazione di uno stabilimento manifatturiero in loco per lanciare un nuovo marchio di sigarette sul mercato dell’Est. Nessuno alla casa-madre ne sa nulla. E a questo punto, la vicenda comincia a colorarsi di “giallo”. I solito avvoltoi, quelli che sperano che i giornali prendano una cantonata, sentono l’odore del sangue. Ma dietro al “giallo” per fortuna, c’è una storia, quella che abbiamo raccontato nell’edizione di venerdì con un’unica sostanziale variazione. Non è targata Philip Morris. Non poteva essere solo fumo (perdonate la banale battuta) quando in mezzo ci sono il sindaco Roberto Cosolini, il presidente dell’Ezit Dario Bruni e quello dell’Authority Marina Monassi, tutti con ruoli di attori non protagonisti. Gli ultimi due restano agganciati al “giallo” da una data, quella del 13 maggio, giorno in cui un emissario di una multinazionale che si occupa di sigarette, verrà a Trieste (da tempo fissato l’appuntamento) per verificare se c’è un sito in area portuale dove poter sistemare uno stabilimento per la realizzazione di sigarette destinate alla Fiera dell’Est («due topolini mio padre comprò...» by Branduardi).
Qualcuno però in questa storia si è tirato indietro perché la trattativa - lo confermano i personaggi triestini contattati - doveva restare riservatissima. Innanzitutto perché Trieste? Per godere delle agevolazioni del punto franco, potrebbe essere un valido movente.
Se fosse tutta una bufala il sindaco allora chi avrebbe ricevuto? Un inviato delle “Iene”, qualcuno della troupe di Scherzi a parte? Via, il sindaco avrà pure le sue pecche ma in materia economica è tutt’altro che uno sprovveduto. Quando tre giorni fa lo abbiamo chiamato per chiedere conferma su questo nuovo insediamento ha fatto due salti sulla poltrona (e povera poltrona...). «E chi ve lo ha detto?». Sorpresissimo e allarmato. Sabato l’ha chiamato anche la Philip Morris per sapere con chi aveva parlato, ma il primo cittadino non aveva l’agenda sotto mano e non si ricordava il nome. Tatticismi per coprire il nome dell’emissario che è venuto ad aprire la strada a questa benedetta multinazionale disposta a investire a Trieste che dovrebbe fare riferimento - il condizionale in un giallo è d’obbligo - all’International Tobacco Plc di cui è direttore generale Sergio Calleja, il manager che, salvo altri colpi di scena (ormai può accadere di tutto), dovrebbe incontrarsi il 13 maggio con Bruni e Monassi. Una società che dispone di diversi marchi di sigarette. Secondo fonti non confermate un importante azionista della International Tobacco sarebbe un nipote di uno dei proprietari della Philip Morris. Quest’ultima smentisce categoricamente e non resta che prenderne atto.
Rimane aperto un interrogativo. Ma chi è il mister X che si è presentato in Municipio da Cosolini? Colpo di scena: si tratta di un noto neurologo che da anni va a convegni e convention sul fumo dove ha avuto modo di incontrare i big delle sigarette. E proprio uno di questi gli ha chiesto di metterlo in contatto con i rappresentanti delle istituzioni locali e così ne è scaturito l’incontro con il sindaco.
Se da una parte gli ambientalisti potrebbero avere qualcosa da ridire sull’apertura di una “centrale” del fumo, dall’altra un insediamento industriale di queste proporzioni potrebbe dare lavoro a 100-150 persone. Siamo in condizioni di sputarci sopra, di lasciare che questa trattativa si consumi lentamente come la carta di una sigaretta in un momento in cui la Ferriera sta per chiudere i battenti? È il solito dilemma: salute o lavoro? Lavoro o salute? Il dibattito è aperto, sperando che l’operazione non vada in fumo solo per vaer giocato d’anticipo.
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