Sicurezza nei luoghi di lavoro, sottoscritta la Carta di Lorenzo nel ricordo dello studente morto a 18 anni durante lo stage

L’impegno assunto da scuole, imprese e istituzioni nel ricordo del diciottenne morto durante uno stage in azienda
Giacomina Pellizzari
Massimiliano Fedriga firma la Carta di Lorenzo al tavolo dei relatori. Nelle foto piccole il pubblico accorso al convegno dedicato a Parelli Foto Petrussi
Massimiliano Fedriga firma la Carta di Lorenzo al tavolo dei relatori. Nelle foto piccole il pubblico accorso al convegno dedicato a Parelli Foto Petrussi

TRIESTE Ripartire dalla Carta di Lorenzo, da un atto concreto fortemente voluto da Maria Elena Dentesano e Dino Parelli, i genitori dello studente diciottenne scomparso un anno fa nello stabilimento della Burimec di Lauzacco (Pavia di Udine).

Uno strumento pensato per applicare al meglio le leggi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, rafforzando alcune procedure indispensabili per prevenire le tragedie. Inedito il passaggio che prevede la presenza degli studenti ai tavoli della sicurezza, materia che secondo l’assessore regionale alla Formazione al Lavoro, Alessia Rosolen, può essere delegata alla Regioni.

Lorenzo Parelli, il ragazzo di 18 anni morto durante uno stage
Lorenzo Parelli, il ragazzo di 18 anni morto durante uno stage

Ieri, nella sala convegni dell’istituto Malignani, a Udine, dal dolore fortissimo provocato dalla perdita di un figlio diciottenne è stata tracciata la via che porta alla promozione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro. La Carta di Lorenzo è un testo semplice, un salvagente che aiuta la famiglia Parelli a guardare avanti nonostante tutto e una via per coloro -, scuole, aziende e istituzioni -, che sono coinvolti nei percorsi formativi degli studenti. Il documento è stato sottoscritto dai genitori del ragazzo, dal presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, dalla direttrice dell’Ufficio scolastico regionale, Daniela Beltrame, dalla vice presidente di Confindustria Udine, Anna Mareschi Danieli, dalla rappresentante della Consulta regionale degli studenti, Beatrice Bertossi e dal segretario regionale della Uil, Matteo Zorn, in rappresentanza delle organizzazioni sindacali.

Ispirata da Lorenzo, la Carta è un filo che unisce la voce degli studenti a quella dei dirigenti scolastici sempre più attenti nell’esplicitare le mansioni degli studenti impegnati nei percorsi scuola-lavoro, delle istituzioni che su quei percorsi mantengono le competenze, delle imprese che, come ha detto Rosolen «svolgono un servizio pubblico» accogliendo i ragazzi in formazione. In questo percorso si inserisce il ruolo fondamentale dei tutor scolastici e aziendali, veri e propri «maestri» sia nei percorsi duali con la metà delle ore in alternanza rafforzata o in apprendistato, sia nei Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (Pcto), nei confronti della sicurezza devono avere lo stesso tipo di attenzione. «Non credo che tante leggi facciano una buona legge, dobbiamo continuare a immaginare di incrementare quanto già esiste», ha sottolineato Rosolen nell’illustrare i punti di forza della Carta di Lorenzo: la partecipazione ai tavoli degli studenti, l’utilizzo di questionari più puntuali da sottoporre alla fine del percorso di formazione, le rappresentanze sindacali devono diventare sentinelle sul territorio e le imprese formative dei luoghi di eccellenza per accogliere gli studenti e accompagnare le istituzioni nei percorsi di crescita.

Il contenuto del documento è il frutto del dibattito sviluppato nella tavola rotonda, moderata dal direttore del Messaggero Veneto, Paolo Mosanghini, aperta dai genitori di Lorenzo. «Ci aspettiamo – ha sottolineato il padre – che questo sia un punto di partenza per uno studio continuo fatto di dialogo e attenzione alle necessità e alle criticità del sistema. È necessario che le reti si stringano per rendere l’ambiente più sicuro. È indiscutibile il valore che le aziende portano al sistema formativo quando queste, però, sono in grado di accogliere gli studenti per consigliare e offrire loro un’esperienza sicura. Fare la formazione è impegnativo in termini di investimenti, risorse e tempo da destinare: da adempimento questo passaggio deve diventare una risorsa, dando priorità alla persona. Il prezzo della non sicurezza è molto più alto della sicurezza».

Con la voce quasi rotta dalla commozione pure la mamma di Lorenzo ha voluto condividere con il pubblico che ha affollato la sala - e con tutti coloro che hanno seguito l’evento in streaming dai siti dei giornali del gruppo Gedi -, «l’essere motivata nel portare alla luce la Carta di Lorenzo che, per carattere, avrebbe messo in sicurezza tutti».

Maria Elena Dentesano ha apprezzato il fatto che l’appello lanciato alle istituzioni abbia ottenuto una risposta «unanime, tempestiva e incondizionata. Ci pare in questo – ha aggiunto – di poter vedere intenzionalità, senso di responsabilità e impegno nei confronti di Lorenzo e di tutti i ragazzi che si apprestano a terminare il corso di studio». Un solo accenno alla paura del futuro che la perdita di Lorenzo ha provocato nei loro cuori: «Uno dei modi per affrontare la paura è pensare alla sicurezza di questi ragazzi, attraverso percorsi concreti e prendendosi cura della persona». E pensando a Lorenzo, il ragazzo solare che il pubblico ha potuto conoscere attraverso un video, la madre ha rivolto «un saluto con il cuore all’istituto Bearzi perché il cuore è rimasto lì». Altrettanto toccante il momento in cui il medico e psicoterapeuta, Alberto Pellai, ha spiegato che «Lorenzo ci direbbe di non restare intrappolati nel dolore» paragonandolo a un faro che indica la via. E Dentesano ha dedicato «la parola faro» a suo figlio «perché il faro è una luce che aiuta ad andare avanti, ha un obiettivo che è rischiara il buio».

Alla fine di una mattinata non priva di emozioni, la famiglia Parelli si è detta soddisfatta. «Siamo speranzosi che questo sia l’inizio giusto per dare un contributo completo al problema a cui tutti vogliono contribuire». Per la famiglia Parelli, la Carta di Lorenzo rappresenta un salvagente a cui aggrapparsi: quando si perde un congiunto – hanno detto i genitori – si rischia di annaspare, ma poi ci si deve rimettere un piedi e trovare la forza per continuare». —

Riproduzione riservata © Il Piccolo