«Siamo una comunità»: ecco come i residenti di Borgo San Sergio si raccontano al Piccolo

TRIESTE Esistono almeno due Borgo San Sergio. Il primo è la «leggenda» del rione periferico, le narrazioni stratificate nel tempo che talvolta lo stigmatizzavano come il «Bronx di Trieste». Il secondo è dato, invece, dalla realtà di un quartiere che negli ultimi decenni è profondamente cambiato: non certo privo di problemi, ma lontanissimo dallo stereotipo con il quale veniva storicamente liquidato.
La redazione de Il Piccolo è andata giovedì mattina a svolgere la riunione della mattina – dove si delineano il “timone” del quotidiano da confezionare e mandare in stampa e le notizie pubblicate sul sito web - per incontrare i residenti di Borgo San Sergio, nella terza tappa in esterna dopo le trasferte al Caffè degli Specchi e a Melara.
Un’iniziativa nata dalla volontà di «recuperare un rapporto diretto con i lettori e di ascoltare le loro idee e segnalazioni», come ha spiegato il vicedirettore di Nord Est Multimedia (la società che edita questo giornale) con delega al Piccolo Fabrizio Brancoli. La cornice, già indicativa di suo quanto alla trasformazione del rione (vedi articolo a fianco), è stata la biblioteca comunale Stelio Mattioni, messa a disposizione dall’assessore all’Educazione Maurizio De Blasio e dalla referente Serena Miniussi, presente assieme alla presidente della Settima circoscrizione Laura Palutan.
Mentre il personale della biblioteca era intento a catalogare alcune vecchie edizioni di fumetti, i presenti hanno così potuto assistere alla prima riunione della giornata, durante la quale si stabiliscono la gerarchia delle notizie e la loro collocazione nelle pagine.

Dopo una breve introduzione e un commento sul quotidiano in edicola, la riunione è entrata nel vivo: i responsabili di ciascun reparto hanno illustrato le notizie di giornata, pungolati dalle domande incalzanti del pubblico.
Una volta conclusi i lavori, i residenti di Borgo San Sergio hanno occupato la scena. In realtà, sarebbe più corretto dire che il quartiere e i suoi abitanti erano stati dei silenziosi protagonisti dal principio: chi arriva a Borgo San Sergio in macchina o in autobus, passando attraverso i grandi punti vendita della zona e i campi da calcio, le aree verdi e le abitazioni residenziali, non può che constatare l’esistenza di un ecosistema che funziona. Un’impressione rafforzata dal fatto che, mentre la riunione procedeva spedita, la biblioteca si riempiva di frequentatori giovani e meno giovani.
Sarebbe però fuorviante – e ingeneroso nei confronti delle segnalazioni dei cittadini – restituire un’immagine troppo idilliaca di Borgo San Sergio. A condizionare lo sguardo è il ricordo ancora vivido del passato: fino agli anni Novanta una buona parte del rione conviveva con difficoltà con accampamenti rom (casette di legno e roulotte), e gli episodi di degrado erano frequenti. Da qui l’immaginario di un’area malfamata della città e l’associazione sprezzante con il Bronx di New York. Perciò è inevitabile che, oggi, la prima reazione sia di stupore e tenda a enfatizzarne la “rinascita” del rione, con orgoglio.
Cos’è, allora, che non va ancora? Le risposte dei residenti indicano la «sicurezza» come la priorità, assieme ai «limiti di velocità nelle strade, da abbassare». Poi ci sono tutta una serie di problemi collaterali che riguardano, in linea generale, la manutenzione dei parchi e delle strade, non sempre puntuale e rapida come i residenti vorrebbero, aggravata dal «disinteresse della politica e degli enti preposti, che - hanno rimarcato alcuni dei presenti - si rimpallano le responsabilità».
Un discorso a parte meritano, invece, le “case dei Puffi”, gli alloggi gestiti da Ater così chiamati per il loro colore azzurro pastello. Qui persistono delle criticità e l’integrazione di questa parte di Borgo San Sergio con il resto del quartiere costituisce una delle sfide più delicate per l’immediato futuro.
Dall’incrocio di questi dettagli con l’immagine nel complesso vivace offerta dal quartiere, si possono iniziare a cogliere i contorni reali di Borgo San Sergio. Contorni ancora incerti, resi più fragili dal peso della storia. Ciò che accomuna, tuttavia, tanto la tensione verso il futuro quanto la consapevolezza dei limiti della situazione esistente, è la necessità di rafforzare «il senso di appartenenza collettivo».

Molti interventi vanno in questa direzione: viene citato don Pietro Cenati, il farmacista Fumaneri e altri esempi di persone che sono state capaci di «mettersi in gioco per il bene di Borgo San Sergio». In parte, questo «senso di comunità» si è perduto, dicono i residenti che ricordano i tempi non troppo lontani in cui, fra mille ostacoli, erano «gli abitanti a occuparsi della manutenzione dei marciapiedi». Ma la loro presenza alla riunione è il segno inequivocabile che la strada imboccata è quella giusta.
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