Si scatena all’Oberdan la rivolta dei genitori contro il sabato a casa

Lettera con 350 no alla settimana corta per tutti da settembre «Orari più lunghi negli altri giorni. Ed è mancato il confronto»
Silvano Trieste 03/04/2017 Il Liceo Oberdan
Silvano Trieste 03/04/2017 Il Liceo Oberdan

Genitori e studenti del liceo Oberdan si mobilitano per dire no alla settimana corta con il sabato a casa, che dal prossimo anno la scuola vorrebbe estendere a tutte le classi dell’istituto, incluse quelle che finora erano operative sei giorni su sette.

Per esprimere tutta la loro contrarietà a una decisione che vivono come calata dall’alto i genitori hanno avviato una raccolta firme, sottoscritta da quasi 350 famiglie, che nei giorni scorsi è stata consegnata alla dirigente scolastica dell’istituto, Maria Cristina Rocco. Nella lettera che accompagna la raccolta firme i genitori lamentano l’assenza di comunicazione e di coinvolgimento nella decisione delle famiglie degli iscritti e la totale mancanza di rispetto delle condizioni assicurate a inizio percorso ai loro figli.

«Già nel 2015, quando il Consiglio d’Istituto ha stabilito di mantenere soltanto l’opzione dei cinque giorni per i nuovi iscritti, non c’è stato alcun coinvolgimento delle famiglie - spiega Igor De Bastiani, rappresentante dei genitori -. Siamo venuti a conoscenza delle intenzioni della scuola soltanto perché qualche docente si è fatto “sfuggire” che dal prossimo anno i nostri figli avrebbero avuto il sabato libero.

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Così abbiamo avviato una raccolta firme e alcuni giorni fa la scuola ha finalmente indetto un’assemblea per informare ufficialmente le famiglie». Anche tra i docenti c'è chi non approva questo modo di procedere: «Quando abbiamo votato la proposta in Collegio dei docenti, due settimane fa, non ci è stata neppure data lettura della lettera scritta dai genitori - racconta un’insegnante del liceo -. E pur se 34 docenti hanno votato per il via libera ai cinque giorni, altri 21 avevano votato no». Si parla tanto della centralità dello studente, sottolinea la docente, ma poi le scelte, anche se non si dice, vengono fatte solo in un’ottica di risparmio delle sempre minori risorse disponibili.

«Non possiamo accettare una decisione in cui siamo stati scarsamente coinvolti - dice la mamma di due studenti dell’Oberdan -. I nostri figli hanno organizzato la propria vita in base all’orario scelto in sede d’iscrizione: uno dei miei ragazzi per esempio studia al Conservatorio, un percorso impegnativo che richiede la frequenza obbligatoria. Se dovesse passare la formula della settimana corta dovrà riorganizzarsi completamente». E anche agli studenti la decisione non va giù: «Ci sentiamo vittime di un sopruso - spiega uno di loro -. Ci siamo iscritti in prima scegliendo una modalità prevista dalla scuola e ci siamo organizzati studio e attività extrascolastiche di conseguenza. È scorretto stravolgerci l’impostazione in corso d’opera, senza neppure averci interpellati. È innegabile che suddividere le ore di scuola su sei giorni permette di apprendere e assimilare meglio nozioni e concetti».

La proposta dei cinque giorni per tutti, afferma la preside, è nata perché negli anni ci sono state sempre meno iscrizioni all’opzione che prevedeva il sabato a scuola, così per le attuali prime è stata eliminata. Il prossimo anno su 40 classi sarebbero solo otto quelle che manterrebbero la settimana lunga: ciò porterebbe a problemi nell’organizzazione.

«Capisco il disagio, ma è abbastanza limitato - evidenzia Rocco -: i ragazzi termineranno alle 14.10 anziché alle 13.10. La settimana corta è già una realtà in molte scuole e tra i licei triestini solo il Petrarca prosegue con la doppia opzione».

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