«Si operava solo due volte alla settimana»
L’addio del dottor Francesco Fanfani è considerato una delle perdite più gravi per il Burlo Garofolo. Il medico, poco più che quarantenne, aveva vinto un concorso a Trieste come dirigente a Ostetricia e ginecologia nel dicembre 2012, per prendere servizio nell’aprile successivo. Dopo poco più di un anno di lavoro, ha deciso di fare ritorno al Gemelli di Roma. In via dell’Istria ora risulta in aspettativa fino al 30 aprile, ma non pare intenzionato a rientrare. Di lui si ricorda soprattutto la velocità negli interventi, la preparazione e il desiderio di sviluppare il settore all’Irccs. Ma non ha trovato le condizioni ideali.
«La mia è stata soprattutto una scelta personale, dettata da esigenze familiari anche se, devo dire, al Burlo non si sono concretizzati alcuni aspetti professionali importanti. Sinceramente – spiega il giovane medico – mi aspettavo un miglioramento nella chirurgia, che credevo possibile viste le potenzialità. Ma non è stato portato avanti. Io mi sono sempre occupato di ginecologia oncologica, un ramo che l’ospedale non ha valorizzato adeguatamente».
La decisione di fare le valige è stata dettata anche da un rapporto non ottimale con i vertici? «Ho avuto un bellissimo rapporto con i colleghi, in particolare con il professor Ricci, primario. Ma così non è stato con la dirigenza – spiega il chirurgo – le relazioni non sono state brillanti». Carenza di strumenti adeguati, risorse e personale: Fanfani a Trieste non ha avuto attorno a sé un contesto che gli permettesse di lavorare al meglio. «Con le direzioni abbiamo provato ad avviare alcune idee, ma mancavano anestesisti. Le sale operatorie dunque non sono utilizzabili pienamente proprio a causa di questo. Cioè – puntualizza – se ci sono chirurghi e infermieri, ma sei senza anestesisti, non puoi fare niente».
Un problema che, come già documentato dal giornale, si riflette sulle liste di attesa per i pazienti. A maggior ragione per operazioni di routine. «Per una cisti ovarica – chiarisce Fanfani – al Burlo si deve aspettare sei mesi. Questo accade perché non si investe nelle sale operatorie e quindi ogni volta che arriva un paziente oncologico si occupa la sala. Me ne sono andato via dispiaciuto – prosegue il medico – ma purtroppo non c’è stata possibilità di crescita. Nelle strutture in cui avevo operato in passato ero riuscito a ottenere tempi molto brevi per i miei interventi, tempi dimezzati. Ho provato a portare la mia esperienza e la mia volontà a Trieste – aggiunge ancora Fanfani – ma, purtroppo, nella chirurgia ginecologica non si è investito abbastanza. II Burlo gode di un’ottima reputazione e ha importanti potenzialità, anche sotto il profilo tecnologico, ma io provengo da realtà diverse e non avevo mai dovuto fronteggiare difficoltà del genere: tra ferie e carenza di personale, al Burlo si operava per due volte la settimana». (g.s.)
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