Si moltiplicano le enoteche. Trieste guida l’exploit del Fvg

In cinque anni le cantine del capoluogo sono salite del 59%, la media regionale si attesta al 30%. Coldiretti: un fenomeno che ha preso piede in tutto il Paese
CONSORZIO DEL MARCHIO STORICO - STAZIONE LEOPOLDA - 21\22 FEBBRAIO 2006
CONSORZIO DEL MARCHIO STORICO - STAZIONE LEOPOLDA - 21\22 FEBBRAIO 2006

TRIESTE. Frizzante benaugurante o fermo meditativo. Basta che sia del territorio, laddove quest’ultimo è garanzia di qualità: se bianco è sinonimo di Friuli e di (ex) Tocai, il genius loci del vino regionale abbraccia anche Istria, Carso e Collio sloveno. Il proliferare delle enoteche in Friuli Venezia Giulia lo dimostra: dal 2012 al 2017 sono passate dalle 89 alle 116 unità, con un aumento pari al 30% negli ultimi cinque anni. Secondo Coldiretti il fenomeno si inserisce in un più ampio contesto di riscoperta dell’enologia nazionale, che vede protagonisti i giovani e le donne.

Degli esercizi regionali, 27 si trovano in provincia di Trieste e 19 in quella di Gorizia. A metà tra le due Pordenone, con 25 templi di Bacco; Udine con il suo territorio detiene il primato numerico regionale: ben 45 enoteche. Ma è Trieste che negli ultimi cinque anni fa registrare il maggiore exploit, con un aumento pari al 58,8%: da 17 a 27 enoteche. È quanto emerso da un’analisi condotta a livello nazionale da Coldiretti assieme alla Camera di commercio di Milano.

Un maggior numero di cantine non implica tuttavia un aumento del consumo di alcolici. Spiega Coldiretti: «Il vino è diventato l’emblema di uno stile di vita “lento”, di qualità e attento al benessere personale, che ha poco ha che vedere con il fenomeno dell’assunzione sregolata di alcol. Lo dimostrano non solo il boom dei corsi per sommelier, ma anche i sempre più numerosi giovani che si informano sulle caratteristiche dei vini che consumano - continua Coldiretti -. Tra le nuove generazioni sta prendendo piede una cultura della degustazione consapevole. I “wine bar” si moltiplicano e l’enoturismo sta esplodendo: quest’ultimo genera un indotto di quasi 3 miliardi di euro in tutta Italia, tanto che nell’ultima manovra finanziaria ha conquistato il suo primo storico quadro normativo».

Il vino è il nettare degli dei, insomma, a patto che non procuri mal di testa. Lo confermano gli osti isontini e giuliani, che mettono altresì in luce la predilizione per il prodotto a chilometro zero da parte dei corregionali. Spiegano al Wine Cafe 1628, la centralissima enoteca di piazza Vittoria a Gorizia: «Teniamo solo vini del territorio. Sapete com’è: ai piedi del Collio difficilmente si riuscirà a vendere un bicchiere toscano. Negli ultimi anni c’è stata una svolta, da parte dei clienti, sempre più orientati alla qualità e all’attenzione per il dettaglio. Il cambiamento riguarda soprattutto i giovani, mentre gli anziani sono affezionati al calice da 1,50 euro».

Sulla stessa linea Gianluca Tombacco, titolare dell’antica enoteca Bishoff a Trieste: «Aumenta la qualità, non la quantità: invece che dieci pessimi litri oggi se ne bevono cinque buoni. Tale fetta di mercato un tempo non c’era: gli anziani, legati alle proprie abitudini, sono meno interessati alla novità, mentre i giovanissimi non se la possono permettere. I protagonisti del nuovo consumo sono quanti a vario titolo rientrano nella popolazione adulta. L’impennata di richieste coinvolge anche i corsi di avvicinamento al vino, che in quanto tali sono rivolti a tutti, non solo a sommelier».

E nel resto d’Italia? I “wine bar” oggi sono 7.300 e nell’ultimo quinquennio in media sono aumentati del 13%: meno che in Fvg. Anche se la nostra regione non detiene i record assoluti: i tre capoluoghi col più alto numero di punti vendita sono Napoli, che ne ha 546, Roma con 482 e Milano con 264. Le città dove si registra la maggiore crescita di bottiglierie e affini sono Bologna (+170%), Foggia (+68%), Verona (+66%), Cuneo (+65%), Messina e Milano (63%).

Trieste è poco lontana, col suo quasi +59%. Ovunque si incontrano molte donne, alla guida dei ristori: una titolare ogni quattro locali. Spiccano anche i giovani, che gestiscono il 12% delle enoteche italiane. Chiosa Coldiretti: «È in atto una rivoluzione all'interno dei calici nazionali. Dopo il minimo di 33 litri pro capite nel 2017, la tendenza ha invertito il suo corso: l’aumento degli acquisti delle famiglie ora è del 3%, trainato dai vini Doc (+5%), dalle Igt (+4%) e degli spumanti (+6%), mentre calano i vini comuni (-4%). I consumi interni si attestano così sui 4 miliardi di euro. Il vino è però uno dei prodotti preferiti dai turisti stranieri in Italia nonché dai consumatori all’estero: nell’ultimo anno l’export ha sfiorato il record di 6 miliardi di euro, con una crescita del 7%. Cifra che sale al 47% in Russia, dove il vino è uno dei pochi prodotti agroalimentari Made in Italy non colpiti dall’embargo. Tutto ciò malgrado una vendemmia che ha perso una bottiglia su 4, in termini di produzione. Quest’ultima resta un primato mondiale, davanti alla Francia».

 

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