Si lancia nel vuoto dal sesto piano a Melara il giorno prima del processo all’ex violento

La donna si è tolta la vita alla vigilia dell’udienza: aveva denunciato l’uomo per maltrattamenti. Indagini dei carabinieri

TRIESTE Non un biglietto, un messaggio o una parola di addio. Niente. Giulia (nome di fantasia per non rendere identificabili i figli minori), ha aperto la finestra e si è lasciata cadere nel vuoto, dal sesto piano del casermone di Melara. Proprio il giorno prima del processo contro il suo ex, l’uomo che la giovane donna aveva denunciato per maltrattamenti, pestaggi e minacce di morte. Trentenne, triestina. Lascia due bambini piccoli. E una vita forse troppo buia per la sua anima fragile.

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Non capiremo mai il peso che la ragazza si portava dentro. Ma gli inquirenti vogliono andare fino in fondo. I carabinieri stanno cercando di ricostruire i contorni della vita privata della vittima. Contatti, telefonate, messaggi. Soprattutto quelli del suo ex che ieri sarebbe dovuto comparire per la prima volta davanti a un giudice, il gup Guido Patriarchi, per l’udienza preliminare in Tribunale.

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C’è un altro dettaglio che probabilmente collega l’angoscia dell’appuntamento in tribunale con il gesto estremo. Qualche ora prima di buttarsi Giulia ha scritto una mail al suo legale, l’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano. Erano le sette di mattina, la ragazza si sarebbe uccisa a mezzogiorno: «Le comunico che ho deciso di revocare l’incarico nel procedimento penale contro il sig. (qui viene indicato il nome dell’ex compagno, ndr) e che non voglio proseguire con il procedimento civile». Il procedimento, non ancora aperto, riguardava una possibile causa per l’affidamento dei figli.

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Poche righe, comunque, con cui la donna sembra fare un passo indietro dopo la denuncia. Proprio il giorno prima dell’udienza. Un ripensamento? La ragazza ha ricevuto pressioni dall’ex? Lo temeva?

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Già, il suo ex. Un coetaneo dalla personalità apparentemente tranquilla ma che le carte giudiziarie descrivono come un uomo violento. Che picchiava la convivente davanti ai bambini. E che in casa teneva anche una pistola. Questo è quanto avevano verbalizzato i carabinieri.

E chissà che quella denuncia, l’unica arma che aveva la giovane per difendersi dalle botte, in qualche modo non si sia trasformata nella testa e nel cuore della trentenne come in un enorme senso di colpa per aver portato in tribunale il padre dei suoi figli. O forse Giulia aveva paura.

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D’altronde la vicenda giudiziaria era avanzata, sebbene non risultino misure cautelari a carico del compagno: il pm Chiara De Grassi aveva ormai aperto un’indagine e chiesto il rinvio a giudizio dell’uomo. L’udienza era fissata. Per ieri, appunto. Cos’è successo in questi giorni?

«Lei ogni tanto si confidava con noi – racconta una delle amiche di Giulia –. Ci diceva che lui non la smetteva, non le dava pace. Le faceva pressioni per quel processo, le diceva che lei era una m... che gli stava rovinando la vita».

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Gli episodi riferiti dalla trentenne nelle denunce sono precisi e prolungati nel tempo. Un incubo. Per la ragazza e pure per i bimbi.

Eccoli, gli episodi. Maltrattamenti ripetuti davanti ai bambini anche dopo la fine della relazione, cioè quando i due si dovevano incontrare per la gestione dei figli. Insulti. Percosse.

Nel giugno del 2017 Giulia viene trascinata per le caviglie, afferrata per il collo e minacciata di morte con un pugno chiuso contro la tempia. Questo ha riferito la donna ai carabinieri.



Tra fine settembre e inizio ottobre, quando la giovane scopre i messaggi intimi che l’ex convivente si scambiava con un’altra donna, in casa scoppia il putiferio. Lui le prende i vestiti e glieli lancia dalla finestra: «Sei una gelosa di m...».

Ci sono poi i messaggi Whatsapp, che lui manda alla trentenne un anno fa, il 10 febbraio, in dialetto: «Te son una m... e te la pagherà, non tornar perché stavolta te dago. Non te ga mai merità un c..., me dispiasi per i fioi ma per mi te son finida. Non xe un gioco, deficiente. Te mazo».

In un altro litigio, del 25 febbraio, Giulia viene presa per il collo e colpita con schiaffi e pugni in testa. I bambini cercano di difendere la mamma ma lui non si ferma. Tre giorni dopo le forze dell’ordine trovano in casa dell’uomo una pistola perfettamente funzionante.

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Giulia negli anni scorsi aveva sofferto di una forma di depressione post parto ma negli ultimi mesi, soprattutto da quando aveva cambiato casa, sembrava serena. Così, almeno, raccontano gli amici.

Ma il rapporto con l’ex la tormentava ancora. E questo lo confermano in molti. «In questo periodo – ricorda un’amica – era agitata. Si avvicinava l’udienza e lui continuava a dirle che lei lo aveva messo nei guai con le denunce. La pressava con chiamate e messaggi». —


 

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