Si filma nudo sulla neve, poliziotto sospeso a Trieste

Il video, finito sul telefonino di qualche superiore, gli è costato un richiamo ufficiale e lo stop di un mese e mezzo. L’agente punito ha fatto ricorso al Tar ma ha perso
Palazzo Stratti, sede del Tar
Palazzo Stratti, sede del Tar

TRIESTE Corre nudo sulla neve, di sera, in un bosco. Si filma con lo smartphone, manda il video a due colleghi (amici) e quel video comincia a girare, su Whatsapp, di telefonino in telefonino. Ma il clip, purtroppo, arriva anche a qualche superiore. Che prende provvedimenti.

Il protagonista della vicenda è un giovane poliziotto in forza alla Questura di Trieste.

La goliardata è costata all’agente una vera e propria sanzione disciplinare: una «deplorazione» (in pratica un “rimprovero” formale che però ha ripercussioni dirette sulla carriera) e una sospensione dal servizio di quasi un mese e mezzo (con immediato ritiro di pistola e tesserino).

Il provvedimento era stato deliberato dal Consiglio di disciplina e disposto con un decreto del capo della Polizia (come direttore generale della Pubblica sicurezza) notificato nell’ottobre del 2018.

La sanzione era stata comminata però solo dopo una verifica sulle effettive condizioni di salute mentale del poliziotto: il suo comportamento, ritenuto «espressivo di particolare disvalore in quanto rappresentativo di una finalità goliardica ed esibizionistica», si legge negli atti del Tar (dove l’uomo ha fatto ricorso contro la sanzione) in effetti aveva fatto sorgere qualche dubbio alla struttura dirigenziale della Polizia stessa. L’agente, insomma, poteva continuare a fare il poliziotto?

Il video, secondo il codice di comportamento dovuto dagli agenti, era stato ritenuto «incompatibile con il riserbo e la compostezza che ogni appartenente alla Polizia di Stato dovrebbe avere».

E, precisava il Consiglio di disciplina nella sua delibera, quelle immagini «hanno rivelato un atteggiamento in grado di urtare la riservatezza e il pudore e, di conseguenza, di gettare discredito sull’istituzione».

Per non parlare dell’imprudenza nell’aver diffuso il clip, girandolo agli amici-colleghi, forse il vero problema dell’intera vicenda.

L’agente della Questura di Trieste ha fatto ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia contro il ministero dell’Interno, contestando - tra le altre cose - che in quei fotogrammi lui non era affatto riconoscibile come appartenente alla Polizia di Stato. E ha quindi chiesto l’annullamento del decreto del capo della Polizia.

Niente da fare: la sentenza del Tribunale amministrativo regionale ha confermato la sanzione disciplinare comminata, respingendo il ricorso: il «discredito dell’istituzione», annotano i giudici del Tar, «può ben determinarsi anche attraverso la visione da parte di chi conosca personalmente il protagonista, come gli stessi colleghi».

Secondo il Tribunale amministrativo il fatto contestato dal Consiglio di disciplina della Polizia rientra così tra le «gravi mancanze attinenti alla disciplina o alle norme di contegno».

Il giovane poliziotto si è affidato all’avvocato Domenico Pizzonia del Foro di Trieste: «Stiamo valutando l’impugnazione al Consiglio di Stato», preannuncia il legale. —




 

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