Sì dell’aula alle maxi aziende sanitarie
Via libera al nuovo assetto istituzionale della sanità regionale. Ieri, chiusa la fase di dibattito, l'esame della riforma è entrato nel vivo con le votazioni dei primi articoli tra i quali, per l'appunto, quelli che determinano la nuova architettura del sistema sanitario regionale. Confermata la previsione di base del testo, con la riduzione da sei a cinque delle Ass (Triestina, Bassa Friulana - Isontina, Alto Friuli - Collinare - Medio Friuli, Friuli Centrale e Friuli Occidentale) e l'integrazione, a Trieste, Udine e Pordenone, con le Aziende ospedaliere. Nel capoluogo regionale e in quello friulano, a partire dal 1° gennaio, ci sarà una gestione commissariale delle Aziende ospedaliero-universitarie che, entro due anni, gestirà il passaggio alle nuove “Aziende sanitarie universitarie integrate” che avverrà attraverso un apposito protocollo che dovrà ottenere anche il parere della competente Commissione consiliare.
L'unica novità sostanziale riguarda lo spostamento dell'ambito del Medio Friuli dall'Azienda Friuli Centrale a quella dell'Alto Friuli, attraverso un emendamento trasversale (primo firmatario Vittorino Boem del Pd) e nonostante la contrarietà dei consiglieri che rappresentano l'area montana, da Enzo Marsilio (Pd) a Roberto Revelant e Roberto Sibau (Autonomia Responsabile), e le perplessità della giunta: «Continuiamo a ritenere preferibile la prima stesura, in considerazione di una maggiore omogeneità territoriale e di una più forte attenzione assicurata alla montagna» commenta la presidente Debora Serracchiani. Passa senza modifiche sostanziali anche l'istituzione dell'Ente per le gestione accentrata dei servizi condivisi.
Oggi la votazione finale sulla riforma con l'annunciata presenza dei sindacati (in pressing soprattutto sulla questione del personale). Torneranno a Trieste anche i comitati che protestano contro la riforma, in particolare dall'area montana. Su questo versante però la maggioranza fa quadrato: «Non serve l'utilizzo di strumentali allarmismi – afferma il capogruppo Pd, Cristiano Shaurli - basta al terrorismo sui piccoli ospedali, noi non li chiudiamo ma li specializziamo». Aggiunge l'eurodeputata democratica, Isabella De Monte: «Noto timori ingiustificati da parte di alcuni cittadini, che mi sembrano il risultato di una campagna di malainformazione ben orchestrata da certa parte del centrodestra». «Rispetto ad alcune preoccupazioni rappresentate da Sindaci e Comitati sull’emergenza e sui presidi ospedalieri nelle aree pedemontane – annuncia Giulio Lauri (Sel) - lavoreremo per migliorare il testo, istituendo le ambulanze di vallata e rafforzando ulteriormente il piano delle emergenze nelle aree montane». Andrea Ussai (M5S) invita a «non fare atti di forza. Si ascoltino invece le diverse istanze per non trovarsi tra qualche anno a rimettere mano alla legge». Resta critica la posizione di Forza Italia: «L'Azienda territoriale che mangia quella ospedaliero-universitaria è simbolo di un'impostazione ideologica - sostiene il capogruppo Riccardo Riccardi -. Con gradualità si poteva affrontare il riequilibrio ospedale-territorio con l'impianto della sanità attuale». Per Renzo Tondo «l'integrazione università, territorio e ospedale è rischiosa. Valuteremo l'applicazione e, soprattutto, la scelta delle persone».
C’è poi il nodo ticket. Il Comitato Salute Pubblica Bene Comune di Pordenone considera «il testo migliorato in diversi passaggi anche se permangono criticità. Ma il perdurare dell'imposta di 10 euro sulle prestazioni sanitarie specialistiche rende di fatto non accessibile a tutti il diritto alla cura». Su questo tema interviene anche il consigliere Luca Ciriani (Fdi): «La questione dell’abolizione dei ticket sanitari è una delle tante bugie raccontate ai cittadini e, come recita il vecchio adagio, le bugie prima o poi vengono a galla».
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