Si chiude la guerra fra gli eredi di Italico Brass: divise le opere del nonno goriziano di Tinto

La Cassazione ha posto fine a una battaglia che dieci anni fa portò al sequestro dei beni appartenuti al pittore e collezionista d’arte 

TRIESTE Finisce la guerra decennale tra gli eredi del pittore goriziano Italico Brass, tra cui troviamo il regista Tinto, re del cinema erotico italiano. Una sentenza della Corte di Cassazione ha consentito di procedere alla divisione dei beni tra i parenti.

Ma andiamo con ordine. Italico Brass, nato nel 1870, artista ma anche collezionista di spiccate tendenze irredentiste, morì a Venezia nel 1943. Quadri, immobili e altri beni di pregio erano andati, secondo le sue volontà, al figlio Alessandro, avvocato, che aveva incrementato quel patrimonio con acquisizioni importanti, costituite per esempio da tele del Mansueti e del Magnasco. Erede di Alessandro era stata nominata sua moglie Carla Curletti, che aveva lasciato più di un testamento. La guerra aveva quindi visto fronteggiarsi i quattro figli della coppia. Da una parte Andrea aveva impugnato la divisione dei beni fra gli eredi, asserendo che la parte più significativa del patrimonio avrebbe dovuto andare, secondo le volontà di sua madre, a un importante museo veneziano, da lui individuato nelle Gallerie dell’Accademia.

Dall’altra parte si erano schierati i suoi fratelli: Maurizio scomparso nel 2017, Italico (chiamato come il nonno) detto “Buga”, pure lui scomparso, e Tinto, che, difeso dall’avvocato Francesco Mercurio, aveva però deciso di non partecipare al giudizio della Cassazione. La guerra era quindi continuata tra Andrea e gli eredi di “Buga” e di Maurizio, fino all’ultimo grado. Per inciso, uno degli eredi di “Buga” si chiama Ezra, in quanto Italico Brass era stato editore di “A lume spento”, raccolta di poesie di Pound scritta quando l’autore americano era giunto da giovane a Venezia.

«I beni sono ancora sotto custodia - dice Sergio Camerino, legale della moglie di Maurizio Brass -. Ero stato io, nel 2008, a chiederne», ottenendolo, «il sequestro per tutelare il patrimonio». Ma in cosa consiste il patrimonio? «In oltre cento quadri di Italico Brass - così Camerino - e in molti altri dipinti di importanti artisti da lui e da suo figlio Alessandro collezionati nel tempo. Da aggiungere poi stampe, incisioni, arredi e immobili della casa di famiglia, a Venezia, in Campo San Vio». Ora, appunto, col rigetto della pretesa di Andrea stabilito dalla Cassazione, la guerra tra gli eredi Brass, almeno in sede legale, non potrà proseguire. Il dissequestro dei beni sarà determinato di qui a poco: a breve sarà presentata una richiesta in tal senso, con un’istanza al giudice del tribunale di Venezia così da creare dei lotti e assegnarli tra gli eredi.

Ma, con tutta probabilità, i quadri dissequestrati più che venire ammirati dagli eredi stessi, troveranno collocazione nelle mostre dedicate al pittore. Il quale, nato in una Gorizia sotto la dominazione asburgica, aveva rinunciato nel 1911 alla cittadinanza austriaca per poter partecipare alla prima guerra mondiale nelle fila dell’Esercito italiano.

Pur il Centenario della Grande guerra apprestandosi a finire, in poche parole, anche le esposizioni che vorranno raccontare, per il tramite della pittura, il primo conflitto mondiale non mancheranno così di ospitare i lavori di Brass. Per contro, non si può nemmeno escludere che gli eredi vendano parte della collezione di cui a breve torneranno in possesso. —


 

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