Si ammala e vende casa: deve restituire il bonus

Ha ceduto l’alloggio per necessità sei mesi prima dei termini di legge: Mediocredito reclama i 13 mila euro a lui già concessi per il fondo “abbatti mutuo”. 
Un uomo in sedia a rotelle in un'immagine di repertorio
Un uomo in sedia a rotelle in un'immagine di repertorio

TRIESTE Una malattia crudele che ti distrugge la vita. E una burocrazia cieca che ti prende a schiaffi mentre sei a terra. È la storia di un uomo di quarant’anni di Trieste, chiamato a restituire il contributo regionale per il mutuo sulla prima casa. La sua colpa? Aver venduto l’appartamento prima di averci risieduto per i cinque anni obbligatori previsti per ricevere l’agevolazione. L’abitazione era stata comprata quando l’uomo era perfettamente sano ed è stata abbandonata per la comparsa e il rapidissimo decorso della sclerosi laterale amiotrofica, che lo ha ridotto in sedia a rotelle nel giro di pochi anni, costringendolo a cedere l’immobile a causa della presenza di barriere architettoniche e per la necessità di affrontare i costi di terapie e assistenza.

La storia è di quelle che mettono i brividi. L’uomo vive ormai costretto a letto e ha smesso di lavorare, trovandosi in condizioni di totale immobilità. La moglie è a sua volta senza occupazione e si dedica interamente alla cura del compagno e dei due figli. La vita nell’appartamento è diventata presto impossibile a causa di un ascensore raggiungibile solo dopo aver percorso una rampa di scale. E così la famiglia ha deciso di cambiare casa, vendendola in tutta fretta a un prezzo più basso di quello di mercato pur di poter recuperare un minimo di autonomia. Oggi l’uomo e i suoi cari vivono in affitto perché la vendita è servita a mettere soldi da parte per pagare trattamenti che non sono tutti a carico della sanità pubblica e che incidono per migliaia di euro al mese.

Il rogito è stato firmato sei mesi prima del termine di cinque anni previsto dalle leggi regionali. E qui scatta inesorabile la mannaia burocratica, incapace di valutare i casi singoli e chiamata ad applicare le regole così come sono state scritte dal legislatore. Nei mesi scorsi alla famiglia è stata recapitata una lettera di Mediocredito Fvg, banca che gestisce i contributi prima casa per conto della Regione: vi si chiedeva la restituzione dei 13 mila euro erogati attraverso il pagamento di sessanta rate da 220 euro. A carico di un nucleo composto da due disoccupati, di cui uno del tutto invalido.

Ce n’è abbastanza per gettare la spugna, ma l’uomo è di fibra tenace e ora si batte per avere giustizia. Lo ha fatto rivolgendosi al difensore civico regionale, che si è attivato a inizio dicembre presentando il caso direttamente al presidente Massimiliano Fedriga. Il difensore Arrigo De Pauli spiega di essersi «fatto parte diligente segnalando alla Regione la possibilità di risolvere una questione che mi ha ovviamente colpito nel profondo». Il difensore civico ha cioè «suggerito un’interpretazione estensiva della legge regionale», che prevede la possibilità di cambiare abitazione senza dover rimborsare Mediocredito Fvg «a seguito di gravi e comprovati motivi che possano aver comportato grave pregiudizio non altrimenti evitabile alla preservazione dell’incolumità personale».

Un cavillo inserito per tutelare le vittime di stalking e che ora si suggerisce di applicare per risolvere il caso.

Da parte della giunta è stata comunicata massima disponibilità e la pratica è stata trasmessa all’Avvocatura regionale. Il direttore generale di Mediocredito Fvg Arturo Miotto apre a sua volta a una correzione: «Analizzeremo la questione e ragioneremo con massima disponibilità per affrontare la situazione con la più buona volontà. Casi come questi mi trovano particolarmente sensibile. Purtroppo sono state applicate le regole, ma una cosa sono le regole e un’altra i problemi fisici e di salute come questi. Un ente come Mediocredito Fvg, partecipato dalla Regione, non può che valutare con un occhio di riguardo situazione di questo tipo». Ora tocca alle istituzioni politica fare la propria parte. —




 

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