Shopping free solo a Grado e Lignano
TRIESTE. Una sfida. No, meglio, la classica crepa che vuol far saltare la diga. Perchè la giunta di Debora Serracchiani, non ci piove, ci tiene al suo disegno di legge 129 riguardante il riordino e la semplificazione della normativa sul settore terziario. Quello che disciplina orari, aperture, regime degli outlet, turismo, ma soprattutto inserisce un sottile cuneo che, fuor di metafora, è quello riguardante le festività: la Regione impone la chiusura di tutti i negozi in nove giornate preparandosi alla “battaglia” con Roma. Per creare un precedente più che per vincere.
Il disegno di legge non tocca le domeniche. Anzi, le direttive inserite nella famosa legge regionale 29/2005 (quella col massimo di 25 domeniche aperte, già cassata da Roma) non esistono più. Viene definitivamente abbandonato «il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio».
Ma lo stesso disegno di legge introduce almeno nove chiusure totali nelle festività più popolari. Il testo le definisce indicando come date “obbligatorie” per le serrande abbassate il 1° gennaio, Pasqua e Lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, Ferragosto, 25 e 26 dicembre, e cioè Natale e Santo Stefano. Una botta sui denti per i teorici del liberalismo totale, ma tant’è. E c’è anche una data: quella del 1° ottobre 2016, in cui il provvedimento dovrebbe partire, Roma permettendo.
La bozza crea un’enclave “protetta” a Grado e Lignano, le sole località turistiche riconosciute in Friuli Venezia Giulia, le uniche che manterranno il potere di “gestirsi” gli orari. E potranno derogare alle chiusure obbligatorie per legge.
Il più diretto interessato, il vicepresidente Sergio Bolzonello, che porta avanti questa battaglia ideale, assicura peraltro che la bozza «è un’ossatura di base su cui verranno inseriti molti nuovi concetti a fine mese. Ci serviva avere adesso un’ipotesi di testo pronta per impegnare i fondi».
Ma, regime delle aperture-chiusure a parte, non si può dire che il testo sia privo di novità. Figlie dirette di un comparto dove la scioltezza nei comportamenti è praticamente di casa. Prendiamo il regime degli outlet: una giungla. Tanto che l’esecutivo sente il bisogno, «a fini di tutela della concorrenza», di «evitare che la denominazione di outlet venga utilizzata in modo improprio, nei casi in cui l’esercizio non effettui la vendita di prodotti outlet ossia prodotti fuori produzione, di fine serie, in eccedenza di magazzino, prototipi o difettati». Che qualcuno ci marci? Certo che sì. Tanto che per raggiungere tale obiettivo si prevede che i prodotti outlet vengano tenuti separati dagli altri e che, secondo l’applicazione dei principi generali, «i prezzi vengano indicati facendo riferimento che si tratta di prodotti outlet e, in caso di vendite promozionali o straordinarie, vengano ulteriormente ribassati». Una maniera elegante di frenare certi malcostumi e lo smercio di fondi di magazzino. Puniti anche con una sanzione amministrativa pecuniaria, «sia nell’ipotesi in cui la denominazione di outlet venga usata dagli esercizi che non vengono prodotti outlet, sia nell’ipotesi in cui i prodotti outlet non siano tenuti separati, o nel caso in cui non vengano osservate per i prodotti outlet le norme in materia di prezzi e vendite straordinarie».
Altra news: verranno riorganizzati i Centri di assistenza tecnica alle imprese (Cat), «nell’ottica di creare un referente unico per l’amministrazione regionale cui delegare in maniera unitaria, per tutto il territorio regionale, le funzioni pubbliche relative alla formazione professionale e alla concessione di contributi a favore delle imprese». Non sottovalutatelo: l’attività facoltativa di aggiornamento professionale svolta nei nuovi Catt Fvg può essere registrata su un apposito libretto. E la formazione facoltativa così registrata può dare diritto a “premi” nella concessione dei contributi gestiti dal Catt medesimo.
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