Sgominata la gang della tratta dei cuccioli

Chiuse le indagini su un vasto contrabbando di cani provenienti da allevamenti illegali. L’ingresso in Italia da Fernetti
Alcuni dei cagnolini liberati dalla Fiamme Gialle (Bruni)
Alcuni dei cagnolini liberati dalla Fiamme Gialle (Bruni)

TRIESTE Disidratati, malnutriti e in condizioni igieniche a dir poco penose. Stipati in scatole di cartone, senza nemmeno una ciotola d’acqua o un finestrino vicino in grado di rinfrescare l’aria. Dodici piccoli cuccioli di razza American Staffordshire Terrier e Shar Pei, nati da poche settimane, erano stati scoperti dai finanzieri nel vano di carico di un camion condotto da un cittadino rumeno. L’episodio risale al mese di gennaio 2013.

L’indagine della Guardia di finanza era iniziata proprio in quell’occasione. E ora per capi e gregari dell’organizzazione è arrivato il conto con la giustizia. Il pm Maddalena Chergia che ha chiuso le indagini sul più vasto contrabbando di animali attraverso il confine, si appresta a chiedere al gip Laura Barresi il rinvio a giudizio dei componenti della banda.

 

I cuccioli liberati dalle Fiamme Gialle
I cuccioli liberati dalle Fiamme Gialle

 

I nomi sono quelli dei rumeni Rade Nicolae Gavrilu, detto Capone, 28 anni, ritenuto il capo; Cornel Curta, 53 anni, Mirela Delia Sevenco, 31 anni; Radu Tigui, 34 anni; Calin Onet, 32 anni; Ionel Cornel Burta, 37 anni; Georgiana Mihaela Tugui, 31 anni; Adrian Iulian Iorga, detto Vampiro, 37 anni; Florin Sergiu Montia, 24 anni; e degli italiani (della provincia di Brescia) Simone Cassetta, 28 anni; Antonino Truglio, 65 anni; Paola Bertoli, 33 anni; Sarah Vitofrancesco, 25 anni; Dario Rossi, 56 anni; Antonella Greco, 56 anni; e del francese Didier Papa, 56 anni. Sono assistiti da un nutrito gruppo di avvocati tra cui i triestini Alessandro Cuccagna, Lucia Prospero, Marco Fazzini, Maria Pia Maier, Alessandro Carbone e Giulio Quarantotto. A tutti e a vario titolo vengono contestati i reati di associazione per delinquere, falsificazione di documentazione, frode in commercio, truffa, maltrattamento di animali e traffico illecito di animali da compagnia.

È emerso che in pochi mesi la banda aveva fatto entrare in Italia centinaia e centinaia di cuccioli attraverso l’ex valico di Fernetti, territorio in cui probabilmente aveva una rete ben rodata di contatti e riferimenti. Tappa finale della filiera illegale era la consegna - nei pressi di caselli autostradali o, con un sovraprezzo, a domicilio - agli acquirenti che, del tutto ignari e in buona fede, erano caduti nella rete. La vendita veniva pubblicizzata via web, al prezzo medio di mille euro per animale.

I malviventi li caricavano a bordo di autocarri, nascondendoli in cartoni fra i bagagli, in gabbie strettissime o addirittura nel vano della ruota di scorta: trasportandoli in queste condizioni tremende, infischiandosene quindi della tutela della salute delle bestiole, li facevano arrivare in Italia passando attraverso Fernetti, per poi appoggiarsi ad allevamenti abusivi in Lombardia e Piemonte, rispettivamente nelle province di Brescia e di Biella. Infine, dopo averne pubblicizzato la vendita in internet, li consegnavano al cliente finale, che era all’oscuro di tutto. L’ingresso da Fernetti non era certo casuale.

I soldi venivano incassati dall’organizzazione criminale e reimpiegati poi per pagare altre attività malavitose. Nel corso dell’operazione i finanzieri avevano sequestrato passaporti per animali e certificati veterinari falsi, microchip da impiantare, e flaconi di medicinali già utilizzati che venivano sfruttati per certificare vaccinazioni in realtà mai eseguite. I cagnolini messi in salvo nel corso dei mesi erano stati affidati a idonee strutture, per essere poi adottati da qualche famiglia.

La “tratta” - così era stato ricostruito - era iniziata nel recinto di qualche abitazione dove le cagnoline alcune settimane prima avevano messo al mondo anche otto piccoli ognuna. Il ciclo riproduttivo era continuo e gli esemplari erano custoditi in spazi ristretti e alimentati con estrema parsimonia.

Spesso le cagnette erano esauste a causa delle continue cucciolate. Poi venivano spediti indipendentemente dall’origine e dalla purezza della razza, che, in alcuni casi, era stata anche certificata con pedigree contraffatti. A volte nei sequestri erano anche state riscontrate malattie che sembravano sconfitte nel nostro Paese, ad esempio il cimurro.

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