Sgarbi: «Su Porto Vecchio sono stati persi 10 anni»

Il critico d’arte al primo compleanno per la centrale idrodinamica: «Speravo di vedere almeno un ristorante sul mare...Meglio frazionare la concessione»
Di Riccardo Coretti
Paolo Giovannini, Trieste, 22/06/2013, Sgarbi alla centrale Idrodinamica.
Paolo Giovannini, Trieste, 22/06/2013, Sgarbi alla centrale Idrodinamica.

«Il Porto Vecchio è ormai una questione di Stato, inteso come l'insieme delle istituzioni e dei privati. Un azionariato diffuso per far sì che diventi una città nella città». Parola di Vittorio Sgarbi che ieri si è ironicamente definito “il Patrono o il Padrino, a seconda di come uno voglia giocare con le parole” di quello che sembra essere sempre di più un problema irrisolvibile per Trieste. Sono passati dieci anni e l'enorme spazio è ancora lì, senza che ci sia stato fatto alcunché, tranne il restauro del Magazzino 26, oggi desolatamente vuoto. «Sono stati persi 10 anni», ha detto ieri Sgarbi durante un lungo intervento in occasione del primo anno di attività del Polo museale del Porto Vecchio, tenuto nei locali della restaurata Centrale idrodinamica. Che la questione sia quantomeno ingarbugliata e che i pochi restauri brillino in mezzo alla desolazione non è certo sfuggito al critico d'arte, che oggi vanta ancora una sola funzione pubblica («Sono assessore alla Rivoluzione al Comune di Baldissero d'Alba, dove mi sono rifugiato per sfuggire a tutte le mafie, compresa quella dello Stato»). Ma nemmeno lui, che di idee è sempre piuttosto prolifico, saprebbe oggi come sbrogliare la matassa, ad iniziare dalla madre di tutte le questioni: il Punto franco va tolto o può essere utile per il riutilizzo del Porto Vecchio? «A dire il vero, oggi, non saprei cosa chiedere per il Porto Vecchio. Ricordo che andai dal ministro Passera per chiedere di togliere il Punto Franco. Ma poi venni contattato e mi spiegarono che la sdemanializzazione sarebbe terribile», risponde Sgarbi. «Un vero disastro», gli fa eco la presidente Marina Monassi, ascoltando attentamente le parole del critico. Certo è, sempre secondo Sgarbi, che lo Stato non si può permettere di perdere quest'area, ma neanche di abbandonarla. Che fare allora? «Non si può pensare che sia solo l'Autorità portuale a decidere il destino del Porto Vecchio di Trieste. Ci vuole – dice Sgarbi – una consulta in cui entri lo Stato. Lo Stato è il Governo, la Regione, la Provincia, il Comune e i privati, ognuno di noi è parte di questo azionariato diffuso. Stato e Regione, in particolare, devono farsi carico di ciò. Trieste da sola è insufficiente. Io avevo immaginato lo sviluppo di una città nella città, ma mi pare tutto molto lento, il recupero è un problema complesso».

Alberghi, residence, centri commerciali, una “via consolare” dove riunire tutte le rappresentanze diplomatiche presenti in città. Sgarbi vede così la rinascita del Porto Vecchio. «In dieci anni speravo di vedere almeno un ristorante sul mare. Invece niente, neanche quello». Per sostenere questa tipologia di interventi, l'ex sottosegretario ai Beni culturali non ha dubbi sulla formula da utilizzare: «Meglio frazionare le concessioni. Per portare a termine un'operazione di questo tipo servono cento attori, come dicevo dev'essere una specie di azionariato diffuso».

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