Sgarbi: la vera attrazione è Porto Vecchio
«Il Parco del mare non basta quando manca un progetto globale per Trieste»
«Maltempo? Ma dove? Questo po’ di venticello?». Vittorio Sgarbi non si smentisce, è lui che arriva alla velocità della bora più nera nella saletta di lavoro della Camera di commercio, tra impiegati stupiti.
Nella sala maggiore è atteso dopo mezz’ora per la presentazione del libro di Antonella Caroli «Guida storica del Porto vecchio di Trieste» edito dalla Italo Svevo per Italia nostra, più tardi lo aspettano in libreria per parlare del libro suo, «L’Italia delle meraviglie. Una cartografia del cuore» (che inizia proprio con Trieste), intanto l’attende lì per lì una «troupe» di Canale 5 appostata tra scrivanie per una diretta tv convocata a tempi d’infarto: Berlusconi, la mafia, Spatuzza, Travaglio e Grillo...
Il tempo di una pipì dopo la volata in macchina ed eccoci a Trieste davvero, Sgarbi s’impossessa del librone sulla «Borsa vecchia» che è lì per caso tra carte d’ufficio, della città sa molto, e anzi moltissimo, è stato «consigliere» della prima giunta Dipiazza, da sottosegretario ai Beni culturali ha posto sotto vincolo proprio Porto vecchio, e altro vincolo ha messo sulla piazza del Ponterosso stoppando il parcheggio sotterraneo. Conosce amministratori, musei, direttori, opere d’arte, ama Nathan e Carlo Sbisà, e l’intera la scuola pittorica triestina, la libreria antiquaria di Saba, le architetture, tutto.
Lei ha detto che Trieste dovrebbe diventare «città monumentale». Intanto però poco succede.
Trieste aveva una situazione difficile, ma spero che l’intuizione di Illy di aprire alla Slovenia dopo la caduta dei confini sia stata fatta fruttare. Trieste era chiusa dai confini e dalla contiguità col blocco comunista, tutto questo non c’è più: la città può essere per quei paesi la prima città d’arte che s’incontra, il primo punto di riferimento.
Non si vede un grande movimento, ancora.
Ma le premesse ci sono tutte. Sul piano artistico e letterario le ricchezze del suo grande secolo possono essere ancora un’ottima carta, anche per il turismo.
A parole, certamente.
Io se fossi il presidente della Biennale farei con Trieste un collegamento stretto. Per la mostra dei Giardini della Biennale farei una seconda sezione a Trieste: esattamente in Porto vecchio. Fondamentale preservare un’area così importante e mantenerla ferma a obiettivi non di speculazione, ma di potenziamento per farne un centro d’attrazione. Ci sono riusciti Torino, Genova. Hanno capito che la prima promozione della città passa per la cultura. A Trieste non so, c’era quella magnifica ex Pescheria che mi pare non sia tanto sfruttata però...
Ora c’è una mostra allestita.
Evento episodico, non è così che funziona. Pensiamo alla Biennale che ingloba Trieste. Immaginarsi che afflusso (perché la Biennale ancora ne fa): dall’Est, ma anche dall’Occidente, è cosa da cui può nascere una realtà importante.
Ma chi lo fa? Chi dovrebbe pensarci?
Guardi, Berlusconi è un presidente del Consiglio modesto, avendolo trasformato in un tiranno le opposizioni gli hanno dato un peso che proprio non ha, lo hanno ingigantito, bel risultato, Berlusconi va bene per l’ordine pubblico, come qui Dipiazza, ha risolto le immondizie a Napoli ed è stato veloce col terremoto in Abruzzo, questo gli va riconosciuto, è uno che sa mettere un po’ in ordine le cose meglio di chi c’era prima, ma attribuirgli tanta negatività lo ha reso un colosso: che capolavoro della sinistra, di Travaglio, di Grillo, di quei...
Ma lei non era berlusconiano?
Ma che c’entra, Berlusconi è anche simpatico. Comunque non è «il male», è peggio, manca di una visione. Doveva chiedersi: dove investo in Italia come presidente del Consiglio? Non lo sa. E Trieste può certamente essere una città su cui investire. Serve però un governante illuminato. Se accendi una luce qua e una là senza un disegno, non combini niente. Un presidente del Consiglio deve saperlo prima che cosa vuol fare, non andare lì per risolvere emergenze. A quelle si è applicato, senz’altro meglio di altri, e gli va dato atto, lo ripeto, ma adesso si piglia un affare in faccia perché? Perché «è un tiranno». No, non è un tiranno, è un modesto. Difatti non ha capito che a Trieste poteva investire.
Quindi è responsabilità del governo se Trieste ancora pensa che cosa fare di se stessa?
Penso al Friuli Venezia Giulia tutto: il Friuli ha reagito in maniera formidabile al terremoto. Significa che qui se metti qualcosa poi hai una risposta, un risultato. Dovrebbe valere anche per l’area giuliana.
Allora, dove specialmente investire?
Ma l’area c’è. Il Porto vecchio è una cosa così unica in Italia. Berlusconi, invece di fare «new town» (come lui le chiama): qui ce l’hai già, hai l’investimento pronto, ed è un’area che in parte può allargare lo spazio delle Biennali, e in parte servire per interventi edilizi.
A Trieste si pensa invece a un Parco del mare come punta d’attrazione.
Ma fatemi il piacere. Un Parco del mare. È un’idea che lo ammoscia anche a un ergastolano. Sulle rive? Intendiamoci, si può anche fare. Ma «anche», non «solo». Ci vuole tutto il resto. Qui c’è una brava direttrice del museo, Maria Masau Dan, lei fa delle cose, la mostra su Leonor Fini (anche se ho visto solo il catalogo) era a livello di quella di Parigi, questo bisogna fare.
Qui si giudica però che acquisire mostre pronte non va bene, e farne costa, nonostante 13 o 14 ricchi musei.
Parliamoci chiaro: il sindaco Dipiazza dove può arrivare? Per carità, lo guardi, e già ci vai a mangiare assieme. Ma Dipiazza procede portando con sè un vicolo cieco, lui si tira dietro il vicolo cieco proprio come Berlusconi.
Mica lei si candida a sindaco anche qui?
Eh, qui, poi mi vanno tutti contro...
Nella bella Salemi dov’è sindaco ha offerto anche al mercato internazionale le case distrutte dal terremoto del 1968 a 1 euro, con obbligo di restauro annesso. Com’è andata?
Benissimo, abbiamo avuto 10 mila richieste. Ma quella era un’idea. Ci vuole l’idea. Se fai un acquario, boh, che cosa risolvi con l’acquario? Devi fare mostre, devi entrare in un circuito. Altrimenti se ti basta attirare gente tanto vale apri un bordello, anzi, fai il più grande bordello d’occidente, ed è fatta, no?
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