“Sfugge” ai servizi sociali per assistere la moglie: torna in cella

Il velista Bruss non si è presentato alla Consulta disabili: stava assistendo la moglie malata di ictus. Il giudice lo rispedisce al Coroneo
Silvano Trieste 16/05/2015 Berti Bruss
Silvano Trieste 16/05/2015 Berti Bruss

TRIESTE Per due mesi dovrà rimanere dietro alle sbarre. In carcere. Perché non ha prestato servizio, come era stato disposto dal giudice, alla Consulta per i disabili, la cooperativa alla quale era stato affidato per espiare la pena alla quale era stato condannato. Motivo delle assenze? L’assistenza alla moglie, colpita da un ictus. Una motivazione che non è bastata però a Berti Bruss, lo skipper della Dolce Vita e di Marinarello, protagonista di una vicenda che sembra la versione triestina del film di Alberto Sordi «Detenuto in attesa di giudizio», ad evitare il ritorno in carcere. La sua scelta di stare accanto alla consorte, diventata per colpa della malattia una disabile grave, è stata interpretata comunque, dal punto di vista tecnico, come un’evasione. Da punire, secondo il giudice di sorveglianza Emanuela Bigattin, appunto con il rientro in carcere.

 

Da skipper a detenuto per un contatore
Berti Bruss

 

Il triste colpo di scena rappresenta il secondo atto di un’odissea iniziata tempo fa con con una condanna alla pena di un anno e 10 mesi senza i benefici. Condanna inflitta per un reato che lo skipper ha sempre detto di non aver mai commesso, il furto di un contatore dell’AcegasApsAmga, e dal quale non ha mai nemmeno provato a difendersi. Bruss, infatti, al tempo non sapeva di essere stato indagato perché alle prese con le conseguenze di un grave incidente stradale prima, e di un serio esaurimento nervoso conseguente al fallimento della sua ditta di restauri edili poi. E per gli stessi motivi non aveva saputo nemmeno di essere stato condannato.

La storia era iniziata nel 2011, quando misteriosamente era sparito appunto il contatore del gas di una casa di Santa Croce gestita da Bruss, per conto di un cliente. Le indagini dei carabinieri di Aurisina erano partite immediatamente. I militari avevano scoperto che l’inquilino (peraltro moroso) sospettava di Bruss. Ai militari poi era stato riferito che il presunto ladro era un uomo alto che spesso si vedeva da quelle parti. In breve, come si dice, il cerchio si era stretto proprio su Berti Bruss, che mai e poi mai avrebbe immaginato in che razza di guaio sarebbe finito. Lui in effetti pensava alle vele e al mare. In quei mesi era reduce da un grave naufragio e dell’incidente avvenuto il 18 ottobre a causa del quale era finito a lungo in rianimazione. Ma, soprattutto, era reduce del crac della Espirit d’Equipe, la sua ditta di restauri a causa del quale i creditori e lo Stato avevano preso tutti i suoi beni. Così appunto si era trovato - senza saperlo - accusato di furto.

Il procedimento penale lentamente ma inesorabilmente era andato avanti. Il pm Massimo De Bortoli - dopo le indagini dei carabinieri - gli aveva fatto notificare, come è prassi - il decreto di citazione diretta. Poi veloce c’era stato il processo. Ma lo skipper manco sapeva di averne uno a carico. L’avvocato d'ufficio era stato nominato al momento. Poi era arrivata la condanna: 22 mesi senza i benefici e multa di 700 euro. Una pena dura, sulla quale aveva pesato anche l’assenza dell’accusato in aula, che nessuno ha mai pensato di contestare: nè Bruss, che appunto nemmeno sapeva di essere stato processato e condannato, né il suo avvocato. E così la sentenza è passata in giudicato e, alla fine, è alla fine stata eseguita. L’8 novembre 2014 si sono aperte le porte del carcere e lo skipper è finito in cella assieme a uno stupratore e a un trafficante di droga. In aprile - finalmente - è stato scarcerato. Il giudice di sorveglianza aveva infatti accolto la richiesta del difensore di fiducia, l’avvocato William Crivellari, concedendogli i domiciliari. Che poi sono stati sostituiti dall’affidamento ai servizi sociali: sei giorni alla settimana alla Consulta disabili in corso Cavour.

E qui va in scena il secondo atto dell’incredibile vicenda. Un maledetto giorno - ricorda la figlia del velista - «mia mamma si è sentita male. È stata colpita da un ictus». E allora Bruss si è sentito in dovere di accudire la moglie. Lo ha fatto due mesi prima della fine pena. Inevitabile è partita una segnalazione. E il giudice Emanuela Bigattin ha così revocato l’affidamento e ha disposto il ritorno in carcere. Berti Bruss insomma, secondo il giudice, dovrà prima pagare il suo debito con la giustizia. Soltanto dopo potrà pensare a prendersi cura di sua moglie.

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