Sfrattata si getta sugli scogli di Miramare

L’anziana vittima costretta a lasciare l’alloggio: un’impresa aveva comprato l’intero stabile di via Giulia per ristrutturarlo
Lasorte Trieste 20 06 05 - Dipartimento Salute Mentale - Giuseppe Dell'Acqua
Lasorte Trieste 20 06 05 - Dipartimento Salute Mentale - Giuseppe Dell'Acqua

di Claudio Ernè

e Corrado Barbacini

«Dopo lo sfratto io qui non resisto più». Questo ha scritto sul suo ultimo biglietto una signora di 80 anni. Si è tolta il cappotto, lo ha riposto sul muricciolo assieme al cappello e li ha bloccati con un paio di ciotoli. Poi si è lasciata cadere nel vuoto. Sotto di lei, a 15 metri di distanza, c’erano gli scogli e il mare.

È accaduto l’altra mattina a pochi metri dal Castello di Miramare. R.R., nata nel 1931 a Pinguente ma per molti anni affittuaria col marito di un appartamentino in un vecchio stabile di via Giulia, è stata raccolta ancora in vita dai pompieri e dagli uomini del 118 al termine di una operazione di soccorso snodatasi per tre ore. A Cattinara il suo cuore ha ceduto.

La morte dell’anziana signora è diretta conseguenza di una disperata e perduta battaglia per continuare a vivere in quella che era stata la sua abitazione per decine di anni. Un vecchio stabile in cui il contratto di locazione avrebbe dovuto consentire a lei e al marito, ora ricoverato in casa di riposo, di restarci a lungo. Invece l’intera casa era stata venduta e il nuovo acquirente aveva deciso di avviare un’importante opera di ristrutturazione per poi vendere gli appartamenti.

Tra l’impresa Vidali e la realizzazione dell’iniziativa era rimasto quel vecchio appartamento e i due anziani occupanti. Non se ne volevano andare anche se l’impresario aveva offerto un alloggio in via Brunelleschi. Un appartamento con il riscaldamento centrale e altre comodità che la vecchia casa non assicurava. Loro, i due anziani coniugi, avevano sempre detto «no», per timore di non riuscire a pagare il nuovo affitto e le spese che sarebbero state sicuramente maggiori. La loro pensione era minima, il futuro sempre più incerto.

Perché il contratto d’affitto fosse rispettato dal nuovo proprietario i due anziani si erano anche rivolti, assieme al figlio che vive a Capodistria, all’avvocato Peter Mocnik. Sarebbero usciti alla data stabilita, quella scritta sul documento. L’impresa intanto aveva avviato i lavori. La ristrutturazione aveva coinvolto nel marzo scorso l’appartamento sottostante e quello sovrastante. Quasi un assedio.

Per fermare i lavori l’avvocato aveva attivato davanti al Tribunale civile un provvedimento d’urgenza, ex articolo 700. Avrebbe dovuto essere discusso il 27 aprile, ma il giorno 7 la situazione era precipitata. A causa dei lavori si erano aperte grosse crepe nel pavimento. Su chiamata dalla ditta Vidali erano intervenuti i pompieri. «Lo stabile è inagibile» avevano sentenziato. Il giorno 8 era stato richiesto lo sgombero coattivo e il 9 i due anziani, senza poter preparare le valigie, erano stati trasferiti in una stanza della clinica Igea. L’11 erano stati rimossi i mobili, finiti in un magazzino. Il marito poi era stato accolto nella casa di riposo dove ancora oggi è degente. Lei, la donna che si è tolta il cappotto e ha guardato il mare da 15 metri d’altezza, si era ritirata a Capodistria, in casa del figlio. Ma sperava sempre di poter ritornare in via Giulia, tra i “suoi” negozi e le sue ”conoscenze”. Quando ha capito che il sogno non si sarebbe mai realizzato, ha detto basta e ha scelto il mare, davanti al bianco castello che fu di Massimiliano e Carlotta.

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