Sessant’anni di prigione ai narcos triestini

Maxicondanne per la banda dei sette trafficanti di droga che riforniva la piazza cittadina di marijuana, hashish e cocaina
Silvano Trieste 16/08/2017 Casa Circondariale di Trieste
Silvano Trieste 16/08/2017 Casa Circondariale di Trieste

Sessant’anni di carcere per la banda di sette trafficanti che foraggiava di marijuana, hashish e cocaina la piazza locale. I condannati sono praticamente tutti triestini: Andrea Biasizzo Alborghetti (31 anni), Christian Dell’Aglio (34), Giovanni Vascotto (49), Stefano Drassich (51), Massimo Sabadin (45) e Flavio Giurgevich (62). Con loro l’albanese Ilmi Qamo (27). Prosciolto, invece, il muggesano Matteo Peteani (25). I criminali trattavano l’approvvigionamento della droga con gruppi di stranieri e poi la facevano arrivare a Trieste in auto, usate come “staffette”: si parla di partite di 10 o 20 chili di marijuana alla volta. Tutta roba che poi veniva nascosta nelle rispettive abitazioni, o nelle cantine, in borsoni, contenitori di plastica e sacchi delle immondizie. Le sostanze erano pronte per essere pesate con i bilancini e suddivise in dosi. Alcuni degli arresti sono stati messi a segno in flagranza, mentre i componenti della banda si spartivano i pacchi di droga.

Dalle indagini è emersa anche una compravendita di 500 grammi di cocaina, acquistata in Slovenia e pagata con 25 mila euro falsi recuperati in Bulgaria in tagli da 500 euro. Nelle perquisizioni è stata trovata anche una pistola.

La sentenza, pronunciata dal giudice Laura Barresi, ha chiuso il cerchio a una complessa attività investigativa condotta dai carabinieri e coordinata dal pm Massimo De Bortoli.

L’inchiesta era scattata nel 2016 e si è conclusa nel 2017: mesi e mesi di intercettazioni, sia telefoniche che ambientali, appostamenti, pedinamenti e filmati registrati dalle telecamere. È così che gli uomini dell’Arma sono riusciti a risalire, passo dopo passo, ai fornitori e ai canali di approvvigionamento. Secondo l’accusa non si trattava di semplici spacciatori: gli inquirenti hanno contestato l’associazione a delinquere. Un sistema rodato, un’organizzazione verticistica.

I condannati sono stati giudicati in rito abbreviato. La pena più pesante, di ben 16 anni di reclusione, è stata inflitta al trentunenne Andrea Biasizzo Alborghetti. Il giovane, difeso dall’avvocato Mariapia Maier, era considerato uno dei capi banda assieme a Vascotto e a Qamo: gli è stato accertato il reato di associazione a delinquere. È in carcere a Tolmezzo.

Cinque anni e quattro mesi per il trentaquattrenne Christian Dell’Aglio (difeso sempre da Maier), attualmente ai domiciliari. I carabinieri lo hanno trovato anche in possesso di una pistola occultata nell’armadio di casa con tanto di munizioni. Il quarantanovenne Giovanni Vascotto (detenuto a Trieste, tutelato dallo stesso avvocato) dovrà scontare invece 14 anni di reclusione. Anche per lui è stata provata l’associazione a delinquere, analogamente all’albanese Ilmi Qamo (avvocato Maier), a cui è stato affibbiato lo stesso numero di anni. È al Coroneo. E ancora: otto anni per il cinquantunenne Stefano Drassich, difeso dall’avvocato Lucio Calligaris e in cella a Trieste. Il giudice ha poi condannato a due anni di reclusione e al pagamento di quattromila euro di multa, con pena sospesa e non menzione nel casellario, il quarantacinquenne Massimo Sabadin, tutelato dall’avvocato Giovanni Di Lullo. L’uomo è stato assolto dal reato associativo, ma è ritenuto responsabile della detenzione delle sostanze. Era ai domiciliari, è stato liberato.

Flavio Giurgevich, infine, ha una condanna di un anno e quattro mesi più tremila euro di multa. Il sessantaduenne, difeso dall’avvocato Maria Genovese, ha già scontato la maggior parte della pena. È stato scarcerato perché il giudice ritiene che non sussistano più le esigenze cautelari.

Prosciolto, come detto, Peteani, tutelato dall’avvocato Maurizio de Mitri, su cui si sospettava un coinvolgimento nel giro di spaccio.

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