«Servono soldi e spazi per trattenere Laura in mostra al Villaggio del pescatore»
E chi se lo sarebbe aspettato che, al primo giorno di esposizione al pubblico, in un venerdì Santo ancora lavorativo Laura, la “dinosaura” vissuta 75 milioni di anni fa nel Montana e sapientemente piazzata in questi giorni al Villaggio del Pescatore per promuovere il sito paleontologico registrasse subito un sold-out? Invece: 400 visitatori paganti, serpentone di gente in coda e un pigia pigia ad alto tasso di curiosità scientifica per la pro-pro nipote di Antonio (nome in codice prosaurolophus) della famiglia degli adrosauri, gli erbivori caratteristici per il becco ad anatra, vissuti nel Cretaceo Superiore. Ora, di Laura si può naturalmente dire di tutto. Che il suo appeal è quello che è, che risulta il più grande esemplare della specie mai ritrovato negli States, che il suo scheletro è uno dei pochissimi esemplari con tracce di pelle, e via proseguendo. Ma bisognerebbe almeno ammettere – cioè dovrebbero ammetterlo politica e istituzioni – che Flavio Bacchia, l'amministratore unico del laboratorio triestino Zoic srl e geologo della cooperativa Gemina, gestore della “casa” di Antonio, ha perfettamente ragione nel dire: «Se noi, coi soli sforzi dei volontari, siamo riusciti in un anno a far camminare sulle proprie gambe, grazie all'autofinanziamento dei ticket, il sito del Villaggio e a portare qui Laura con questi risultati, figuriamoci cosa si potrebbe realizzare con un po' di aiuto e la spinta degli amministratori». Come minimo un parco dei dinosauri, verrebbe da dire.
Ma è attuabile? «Non è un'impresa impossibile», replica Bacchia. A differenza del Parco del mare, per il quale a Trieste ci si accapiglia da anni e ancora da costruire, qui la materia prima (per non parlare della posizione strategica, a due passi dall'A4 e a breve distanza dall'aeroporto) invece c'è: una lente fossilifera da cui, come un coniglio bianco dal cilindro, può ancora uscire - archeologicamente parlando - di tutto. Oltre ad Antonio, che soggiorna nel museo del capoluogo, c'è infatti Bruno da estrarre. E Laura? Resterà in esposizione al Villaggio fino al 5 maggio. E poi? «Laura è di proprietà della Zoic – spiega Bacchia -, acquisita da alcuni geologi tedeschi che l'avevano comprata dal titolare del ranch in cui era stata scoperta. Il prezzo originale era stato ragionevole: si trattava di materiale grezzo, privo della preparazione da 5760 ore».
Terminata la mostra, Laura tornerà al deposito Zoic. «Non è mistero – prosegue - che il fossile è in vendita: già in passato si è tentato di batterlo all'asta Sotheby's, per cifre di un certo rilievo. Si tratta di un campione da museo, un investimento. Il suo destino è quello, a meno che non si trovi un posto dove collocarla. Siamo aperti a ogni possibilità. Per noi esporla all'aperto implica costi stratosferici, dovuti alla vigilanza per evitare danni vandalici – chiarisce il geologo -, ma se vi fosse disponibilità, ovvero se qualcuno concorresse alle spese, sui 50mila euro, la potremmo lasciare lì per la stagione». I costi attuali (10mila euro) sono coperti da Comune (un migliaio di euro) e Gemina per trasporto e noleggio, col sostegno di Bcc Carso, Mare Pineta e Portopiccolo. Dunque non ci sono ostacoli a inserire Laura in un futuro parco dei dinosauri al Villaggio? «No – replica Bacchia -, ma è necessario trovare spazi coperti e finanziamenti. Perché i costi per fare le cose a norma, inutile girarci intorno, sono consistenti. Ma una volta a regime la struttura si auto-sosterrà, perché l'interesse del pubblico c'è, eccome. Bisogna mettersi tutti a un tavolo e discuterne». Ora tocca alla politica.
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