«Servono più telecamere. Ora alziamo la guardia»
Reati predatori e pendolarismo predatorio. Espressioni assenti nella Trieste del vivere quieto e lento. Arrivano adesso. Nessuno è un capitano coraggioso, arriva anche la paura dopo una rapina in villa con violenza fisica su due anziani e uno stupro in giardino a Opicina, e sfilze di agguati e odiose truffe e furti a persone anziane. Per non dire di accoltellamenti per strada, rissa privata ma non meno inquietante. Miscela potenzialmente esplosiva: molti “predatori” di cose e corpi risultano di nazionalità straniera. Il meccanismo mentale che contrappone il saldo “noi” all’indefinito “loro” rischia di attecchire anche nella città più indolentemente satolla di multiculturalità.
«I cittadini si spaventano - afferma anche il prefetto Francesca Adelaide Garufi a ridosso di una riunione con le forze dall’ordine da cui è già uscita una misura concreta di nuovo contrasto alla criminalità crescente -, questo territorio è stato abituato a essere aperto e fiducioso. Oggi non è più possibile. Ci vuole cautela maggiore, maggiore autodifesa. Fermo resta che verranno intensificate le azioni sul territorio da parte di tutte le forze dell’ordine, alle quali la popolazione già segnala molto le cose sospette: fa bene, deve farlo sempre, e anche di più».
Lo scorso venerdì Garufi ha tenuto una delle periodiche riunioni di coordinamento con le forze dell’ordine. «Abbiamo parlato di questi reati predatori, la rapina ma anche il più odioso stupro - afferma - e deciso di fare qualcosa di più strutturale: aumentare le telecamere. I fondi regionali per la sicurezza a valere sul 2014 non sono stati ancora spesi, possiamo modificare il progetto, e collocare nuovi strumenti nelle zone più isolate, a rischio, o dove le periodiche indagini georeferenziali mostrano una intensità maggiore di reati. Sono elementi dissuasivi, a beneficio di tutto il sistema delle forze dell’ordine. Non si può avere un poliziotto per ogni cittadino». Garufi cita anche la “criminalità transfrontaliera”, non avendo più confini il territorio è molto monitorato nei retrovalichi, «e dunque la gente non deve spaventarsi o seccarsi se vede carabinieri e polizia, anzi può esserne rassicurata. Come dal fatto - aggiunge - che queste bande nel giro di poco vengono prese. È stato individuato anche l’autore dello stupro, anche se poi sarà la magistratura ad accertare i fatti a prescindere se si tratti di un cittadino italiano o straniero». Prevenzione, attenzione, autotutela, cautela, “pressing”, occhi umani e occhi di telecamere: questo il programma.
Ma sull’altro fronte (autori dei reati), mentre il centrodestra già rigetta i rifugiati, gli stranieri più sotto controllo, è Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà (Ics), a leggere la dinamica sociale dei fenomeni: «Vedo il rischio di una grande strumentalizzazione - afferma -, quando una società si trova in stato di particolare tensione individua subito un “nemico”, è procedura ben studiata. La maggior parte delle persone dimentica che c’è un crescendo di violenza “interna”: madri uccidono figli, mariti ammazzano mogli e compagne. Sono eventi che restano difficili da leggere, non vengono elaborati. Attorno al fatto rimane un vuoto. Non appena accade un episodio che permette di attivare qualche tipo di lettura più semplice, ci si butta lì. Dimenticando gli altri episodi, italianissimi».
Secondo Schiavone, «dobbiamo avere nessuna tolleranza su fatti violenti e nessuna su chi ci specula sopra: associare automaticamente i fatti violenti a stranieri è gravissimo moralmente e illegittimo per legge: la legge 205 del 1993 prevede sanzioni penali (reclusione) “per chi incita alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi”. Legge molto poco rispettata. L’incitamento alla discriminazione è diventato lo sport nazionale e non ha nulla a che fare con la libertà di pensiero». Quanto ai rifugiati: «Trieste dev’essere orgogliosa,tutti sono gestiti, inseriti, formati. Se in giro c’è qualcuno inattivo non è colpa sua, né nostra, ma dello Stato che fa aspettare i permessi anche 8-10 mesi. Quanto ai soldi, paga lo Stato e a loro in tasca vanno solo 2,5 euro al giorno...». Insomma, caccia ai predatori sì, caccia alle streghe no.
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