Sertubi, sciopero sospeso ma ora scatta l’ultimatum

Chi ha visto Leonardo Montesi? Nessuno ieri a Trieste ha segnalato la presenza dell’amministratore delegato di Jindal Saw Italia, la società che ha in affitto Sertubi, per cui il confronto sul futuro dell’azienda programmato in Prefettura si è risolto nell’ennesimo dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori e quelli della Regione e delle amministrazioni locali dato che il direttore dello stabilimento Massimo Iuvara, seppure presente, non ha potuto logicamente assumersi alcuna responsabilità, né presentare alcun piano industriale. Nel pomeriggio però, tramite Assindustria e la direzione stessa, si è arrivati a un accordo temporaneo per un’integrazione salariale per cui lo sciopero è stato momentaneamente sospeso e la parte dei dipendenti che non è in cassa integrazione oggi riprende il lavoro in attesa della data stavolta realmente fatidica: quella di mercoledì 26 settembre.
Per quel giorno infatti l’ad Montesi ha chiesto l’aggiornamento del confronto dato che nella mattinata stessa proseguirà a Milano il consiglio di amministrazione di Jindal Saw Italia. «Tra i lavoratori vi è giustamente rabbia e preoccupazione - ha commentato scendendo dalla Prefettura il sindaco Roberto Cosolini - ma sia chiaro che anche per le istituzioni la giornata del 26 è l’ultima disponibile affinché l’azienda faccia una buona volta chiarezza sulle proprie intenzioni. Non si può dire un giorno: siamo in crisi perché il mercato non tira, un altro giorno: siamo in crisi perché l’energia elettrica ci costa troppo e un terzo giorno, in modo ancora più censurabile: siamo in crisi perché forse fra tre anni la Ferriera chiuderà. Tutti sappiamo che dovremo morire, ma mica per questo smettiamo di mangiare già da oggi. Semmai la prospettiva per cui forse un giorno la ghisa in loco non ci sarà dovrebbe essere elemento che induce a produrre oggi ancora di più per fare scorte». «La proprietà deve venire al confronto e presentare i piani industriali - ha commentato l’assessore regionale a Finanze e Ambiente Sandra Savino - il fatto che rinvia di volta in volta gli appuntamenti sta a significare che non è di parola». «Il settore industriale di Trieste nel suo complesso attraversa una brutta fase - la considerazione dell’assessore provinciale al Lavoro Adele Pino - ma questa crisi del Polo siderurgico mette sul chi vive addirittura mille famiglie. Il fatto che tutte le istituzioni si ritrovino unite allo stesso tavolo significa che è oggettiva la necessità di fare chiarezza: i lavoratori hanno tutto il diritto di sapere cosa c’è nel loro futuro».
«Ogni volta ci sentiamo dire sempre le stesse cose, ma in realtà la trattativa è ferma - la considerazione di Michele Pepe, rappresentante di fabbrica per Fim-Cisl - l’azienda vorrebbe usarci al massimo per le pitturazioni di tubi che arrivano dall’India, ma i tubi li vogliamo produrre noi, a Trieste». Da oggi si apre dunque un’altra fase di tregua armata, ma se ci saranno forze a sufficienza il maxigazebo di piazza della Borsa fino a mercoledì prossimo resterà aperto ogni giorno per una continua opera di sensibilizzazione nei confronti dei triestini in questa ottica: la fine della siderurgia significherebbe in sostanza quella dell’industria e con un devastante effetto-domino dell’intera economia di Trieste una città che secondo i dipendenti e i sindacati non potrà mai vivere di turismo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo