Sertubi, ecco il Piano della Jindal: stop previsto alle perdite nel 2015
Sono lontani anni luce i tempi in cui sotto la gestione Duferco si producevano 70mila tonnellate all’anno di tubi con un organico di 220 dipendenti, ma la Sertubi esiste ancora e cancellato il reparto a caldo e ridotto il personale a un terzo (75 tra impiegati e operai) conta di arrivare al pareggio dell’esercizio finanziario 2015 rifinendo nello stabilimento di via von Bruck 13mila tonnellate di tubi e vendendone altrettanti prodotti e rifiniti in India (dove viene delocalizzata la produzione), ma di “passaggio” per il centro di smistamento di Trieste.
Sono alcuni dei dati illustrati dalla nuova proprietà: la Jindal Saw Italia, controllata dalla Jindal Saw ltd attraverso la holding cipriota Ralael holding limited e appartenente al gruppo indiano O.P. Jindal, nel Piano industriale 2015-2017. Gli indiani hanno rinnovato l’affitto da Duferco dello stabilimento fino al 2021 ma, dopo il traumatico taglio di personale fatto alla fine del 2012, il nuovo Piano industriale non dice nemmeno una parola sugli organici. È il dato che mette maggiormente in apprensione i sindacalisti anche se Michele Pepe (Fim-Cisl) ribadisce che pochi giorni fa Antonio Gozzi, ad di Duferco Group e presidente di Federacciai a precisa domanda ha risposto che «fino al 2021 non vi saranno ulteriori riduzioni».
Dall’anno dell’avvento degli indiani, il 2011, Sertubi ha continuato ad accumulare debiti. Secondo la tabella riportata dalla stessa azienda, 2,3 milioni nel 2011, 16,6 nel 2012, 6,7 nel 2013. Il 2014 si chiuderà con un -4,09: 2 milioni di “rosso” in più rispetto a quanto previsto. Dati che combaciano con quelli delle fonti sindacali che parlano fino al 2013 di 24-25 milioni di deficit complessivo. Contestualmente anche il fatturato è crollato e la “produzione” (in realtà solo l’ultima fase di questo processo si fa ora in via von Bruck) dovrebbe fermarsi nel 2014 a 9mila e 300 tonnellate delle quali, dato ancora più preoccupante, 4mila 900 al 31 ottobre risultavano ancora invendute. In aggiunta da Trieste sono state vendute 6mila 500 tonnellate di prodotto finito negli stabilimenti che la società ha in India e negli Emirati Arabi con un fatturato netto complessivo di poco più di 11,5 milioni di euro.
Il gruppo dunque ha fissato nuovi obiettivi per lo stabilimento di Trieste: promozione del marchio Sertubi in mercati di nicchia in Europa e in Medio Oriente, miglioramento del processo di finitura per rispondere alle specifiche di qualità dei mercati più esigenti, razionalizzazione della logistica per ridurre i costi e migliorare la qualità, integrazione con le altre società del gruppo per diventare fornitore di sistemi integrati per il trasporto dell’acqua. Obiettivo generale è il raggiungimento del break-even, cioé il pareggio dell’esercizio, già l’anno prossimo con incremento delle vendite in Europa dove già presenti e riapertura dei mercati del Nord Europa e di Germania, Svizzera e Austria, conseguimento di una quota di mercato in Iraq con prodotti europei a marchio Sertubi.
«Questi obiettivi possono essere conseguiti - sottolinea il Piano - a condizione di ricevere tubi semilavorati di qualità e quantità idonea dall’India. Obiettivo raggiungibile col trasferimento delle Ccm (macchine produttrici di tubi, ndr.) in India». Le macchine sono quelle di via von Bruck che sono già state smontate. In questo modo, secondo l’azienda sarà possibile acquisire nel centro di smistamento di Trieste sia il prodotto finito che quello semilavorato a prezzi inferiori rispetto a quanto avviene ora prendendolo da Abu Dhabi.
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