Sertubi all’ultimo atto, le intenzioni di Jindal venerdì a palazzo Ralli

La proprietà in Confindustria spiegherà con quali modalità verrà chiuso lo stabilimento rimasto ormai senza lavoro
Lasorte Trieste 30/10/19 - Piazza Unità , Prefettura, Presidio Lavoratori Sertubi
Lasorte Trieste 30/10/19 - Piazza Unità , Prefettura, Presidio Lavoratori Sertubi

TRIESTE. Venerdì 15 si annuncia una giornata campale per il mondo del lavoro triestino. A preparare il presidio pomeridiano in piazza Unità sotto il Comune, sarà l’incontro mattutino sulla Sertubi a palazzo Ralli, sede della Confindustria giuliana.

Antonio Rodà, segretario della Uilm, lo presenta come un appuntamento decisivo, perché finalmente hanno assicurato il loro arrivo in alto Adriatico i vertici di Jindal Saw, dopo uno sgusciare durato dai primi di settembre. Questo fa ritenere che gli indiani dovrebbero dichiarare le loro intenzioni: quando e come chiudere il sito all’interno dell’ex Arsenale, come gestire i 68 dipendenti, quanti eventualmente resterebbero a condurre il magazzino, come si evolverà il contratto d’affitto con Duferco in scadenza nel 2021. Da rimarcare che finora l’azienda non ha attivato alcuna procedura di ammortizzamento sociale. I sindacati sperano di spuntare dignitose condizioni economiche di uscita per i lavoratori.

La vicenda Sertubi si trascina, con modalità obiettivamente sconcertanti, perlomeno da martedì 23 luglio, quando sempre a palazzo Ralli Maneesh Kumar comunicò ai rappresentanti di Fim Cisl e Uilm, le due sigle presenti nello stabilimento, che Sertubi avrebbe chiuso i battenti. O totalmente o parzialmente. Poi non seguirono aggiornamenti degni di nota, se non il graduale e inesorabile spegnimento della produzione, prima con la linea 1 (piccoli diametri) poi con la linea 2 (grandi diametri). Per smuovere la proprietà indiana dall’imperturbabile silenzio, Fim e Uilm hanno portato la vertenza all’attenzione del prefetto Valerio Valenti.

Adesso la risposta di Jindal Saw, che ha deciso di dismettere Trieste a fronte dell’impossibilità di venire a capo della marchiatura “made in Italy” a Bruxelles. Troppe resistenze in sede comunitaria, troppi ostacoli frapposti dalle siderurgie franco-tedesche. La drammatica storia occupazionale di Sertubi, durata ventuno tribolati anni con 200 posti persi, volge al termine.

 

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