Sertubi a rischio, spiraglio dall’Europa

La commissaria Malmstrom: «Facciamo un supplemento d’indagine sui dazi che valuti gli interessi degli utilizzatori»
I depositi di tubi in via von bruck
I depositi di tubi in via von bruck

TRIESTE La Commissione europea effettuerà un supplemento d’indagine per stabilire se i dazi imposti alla Sertubi, attualmente nella misura del 31,2 per cento, e che mettono in pericolo la sopravvivenza stessa dell’azienda, possono venir tagliati così come richiesto dal fronte politico-sindacale triestino e regionale. Lo si apprende dalla risposta che Cecilia Malmstrom, commissario europeo per il Commercio ha dato ieri all’interrogazione presentata dall’europarlamentare del Pd Isabella De Monte. «Nel caso in questione - fa rilevare Malmstrom esaminando la problematica dal suo sorgere - l’inchiesta ha messo in luce un importante dumping pregiudizievole originario dell'India. Di conseguenza, il 19 settembre 2015 la Commissione ha imposto misure provvisorie». Sertubi, di proprietà del Gruppo Duferco, è stata presa in affitto dagli indiani di Jindal e trasformata con un cruentissimo taglio di personale (i dipendenti che erano 230 oggi sono 77) da azienda produttrice in centro di smistamento di tubi indiani che però a Trieste, nella maggior parte dei casi, vengono rifiniti o comunque subiscono l’ultima fase della lavorazione, il che costituisce il principale motivo d’opposizione al fatto che siano prodotti d’importazione.

«La Commissione non ha deciso se adottare o meno misure definitive - fa rilevare Malmstrom - ed è pienamente consapevole della situazione della società Sertubi Jindal Saw Italia spa che è stata visitata da funzionari della Commissione». A questo punto si apre lo spiraglio che ha indotto l’Ue a tenere aperta la partita: «Considerate le dichiarazioni degli utilizzatori relative ad aumenti dei prezzi successivamente al periodo dell'inchiesta, si esaminerà ulteriormente l'interesse dell'Unione e in particolare l'interesse degli utilizzatori. L'analisi dell'interesse dell'Unione è un test attentamente equilibrato che tiene conto degli interessi dei diversi stakeholder, come i produttori dell'Unione, gli importatori, ma anche gli utilizzatori. Se la Commissione decidesse di non imporre misure definitive, i dazi provvisori non verrebbero esatti». Sembra di capire dunque che dal tutto si potrebbe passare anche al niente non solo con il taglio, ma con l’abolizione dei dazi. «La Commissione desidera rassicurare l'Onorevole deputata - conclude la commissaria - sul fatto che le questioni citate verranno ulteriormente indagate prima di prendere una decisione definitiva entro il marzo 2016». La fine di questo mese viene dunque riconfermata come deadline, ma segnerà anche l’esaurimento dell’indennità di mobilità per una trentina di ex dipendenti.

Il commento che ne ha fatto ieri, subito dopo aver ricevuto risposta da Bruxelles, la stessa De Monte, è improntato a una certa soddisfazione, anche se il pericolo resta comunque incombente. «Non siamo ancora davanti a una comunicazione definitiva e certa, attesa a giorni - osserva l’europarlamentare del Pd - ma dalla commissaria Malmström arriva una risposta di attenzione alla questione Sertubi Jindal Saw Italia spa, oltre che la conferma che sulla vicenda sono in corso nuovi ragionamenti che tengono conto di nuovi elementi. Come chiesto nella mia interrogazione, ma anche dalle Istituzioni e in primis dai lavoratori - prosegue De Monte - mi auguro che ciò possa essere il preludio a una sospensione o a una riduzione dei dazi, ad oggi provvisori. Sospensione che eviterebbe gravi ripercussioni economiche e occupazionali, pur nel rispetto delle leggi comunitarie sulla concorrenza». Secondo De Monte infatti, i dazi imposti dall’Ue a imprese come Sertubi rischiano di compromettere l’esistenza stessa di tali realtà produttive. «Ricordo inoltre che Sertubi - specifica - utilizza semilavorati di origine extraeuropea ai quali apporta, però, nella lavorazione sul territorio dell’Ue, un valore aggiunto significativo».

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