Serracchiani: «Un'unica Camera di commercio in regione»
TRIESTE. Debora Serracchiani non ci gira intorno e proprio lì, in casa loro, chiarisce una volta per tutte la posizione della giunta regionale, in barba a lotte di potere, feudi e singoli interessi di parte: un’unica Camera di commercio per il Friuli Venezia Giulia. «Credo sia la direzione giusta» afferma la governatrice parlando alla Convention di Assocamerestero in Stazione marittima a Trieste.
Un meeting che vola ben più alto: si fa il punto sulle esportazioni e sui contraccolpi dell’Expo milanese, tutti ancora da decifrare, interpellando vari rappresentanti delle sedi straniere delle Camere di Commercio, dall’Asia all’Africa, passando per Australia e America. «Le Camere italiane all’estero – l’appunto di Leonardo Simonelli, presidente della Ccie - nascono da quel pezzo di emigrazione italiana nel mondo che ha portato con sé la tradizione e il valore del nostro saper fare e lo ha coniugato con le caratteristiche dei mercati in cui si sono insediate».
È il giornalista Nicola Porro, durante la convention mondiale delle Cciaa nel mondo, a incalzare con le domande e portare a galla punti di forza e di debolezza di un sistema «che ha bisogno di coordinamento», dicono un po’ tutti, tanto in Italia tanto fuori. L’unione fa la forza, insomma. E se questo è il ragionamento finale, Serracchiani non può che applicarlo per quest’angolino di Nordest in perenne lotta di poltrone.
Una Camera unica per il Friuli Venezia Giulia, riprende la presidente, è la strada da imboccare: «Dobbiamo avere la consapevolezza che siamo 1.229.000 abitanti, più o meno la provincia di Brescia». E così, allargando il discorso alla riforma del settore, la governatrice si attende un apparato «snello e capace di raccogliere sfide sempre più complesse e globali».
Il traguardo è far conoscere a tutti il “Made in Italy” e il governo «sta facendo un percorso importante a livello internazionale, basti pensare alla visita del nostro presidente del Consiglio in Centro e Sudamerica. Ci muoviamo come sistema Italia e intendiamo attrarre investimenti e fare investimenti».
Un tasto, quello del Made in Italy, su cui insiste pure il presidente della Cciaa di Trieste Antonio Paoletti: «L’internazionalizzazione e la promozione sono una delle poche leve in grado di portare l’aumento del nostro Pil a stime prossime all’1%».
E ancora: «L’export italiano, dopo la batosta del 2009 (-20%) e la sostanziale stagnazione del 2013, è sempre cresciuto e nel 2015 è aumentato del 4,7%. Attraverso le Camere di Commercio italiane all’estero vengono trovati gli interlocutori per internazionalizzare. È una realtà che funziona e il mio augurio è che i governi nazionali e regionali usino queste strutture quale braccio operativo. Domani (oggi, ndr) si terranno qui a Trieste oltre 600 incontri tra imprese e delegati delle 79 Ccie proprio per analizzare concretamente le opportunità che i mercati di ben 54 paesi sono in grado di offrire».
Il Friuli Venezia Giulia fa la sua parte, come rileva il presidente di Unioncamere Fvg Giovanni Pavan: «Con poco più di 90.000 imprese attive, il nostro territorio rappresenta la 15ma regione per numerosità di aziende ovvero l’1,7% del totale. Ma con un valore delle esportazioni di oltre 12 miliardi di euro contribuiamo per il 3% alle esportazioni nazionali, il che ci pone all’ottavo posto della graduatoria fra le regioni italiane».
Prima della tavola rotonda con i produttori, è il presidente di Illycaffè Andrea Illy a portare il proprio contributo. In collegamento dall’Expo, il manager si sofferma sui numeri record dell’evento: «Ci aspettavamo 4 milioni di visitatori, ne sono arrivati 13» osserva auspicando un “coordinamento” tra le Camere di commercio estere. L’attesa degli analisti è tutta concentrata sugli effetti futuri dell’Expo, «da sfruttare per aumentare la presenza di aziende italiane sui mercati internazionali», suggerisce Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia e alle Finanze.
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