Serracchiani: «Un’unica Authority per i tre porti regionali»
TRIESTE. Se la Tav è un sogno impossibile, allora si cominci a sistemare quanto c’è già in casa. Fatta la squadra di assessori, preparato l’assestamento di bilancio, può partire la “fase 2” del programma di Debora Serracchiani. Un programma che parla molto di infrastrutture. E non solo terza corsia, spina nel fianco di questa come dell’altra legislatura. Ci sono i colli di bottiglia ferroviari su cui mettere le mani una volta per tutte per risolvere l’annosa questione dell’isolamento del Fvg, con Trieste in prima fila. La presidente, ed è una novità, è andata a batter cassa a Roma per chiedere 500 milioni di euro. «Ho domandato al governo di finanziare l’esistente», dichiara nel dibattito-intervista promosso dal quotidiano Il Piccolo e da Nordesteuropa. Modera il direttore Paolo Possamai che, davanti al pubblico dell’Hotel Savoia, soppesa uno a uno i “macigni” che gravano sulle spalle della governatrice. «Avete poca fiducia nelle donne, eh?», scherza lei. In sala, tra i presenti, i sindaci Roberto Cosolini e Nerio Nesladek, la parlamentare del Pd Tamara Blasina, diversi ex consiglieri regionali. Fresca di elezione, Serracchiani prepara le prossime mosse: A4 e ferrovie, innanzitutto. E i porti con un’unica Authority regionale. Molto si farà bussando alle porte dello Stato. Diventa un’abitudine, ormai. D’altronde, prima a Roma «nessuno ci andava». Prima freccia diretta al predecessore Renzo Tondo, una delle due che scoccherà dal suo arco. L’altra è per Riccardo Riccardi l’assessore-commissario «che chiede a me di fare ciò che non ha fatto in cinque anni».
Il rilancio delle ferrovie «Ad Ovest, nella Torino-Lione – premette Serracchiani – Italia ed Europa hanno la volontà di proseguire con il Corridoio 5, ma da quest’altra parte a Nord-Est non ci sono progetti per i collegamenti con Trieste-Venezia e Divaccia. Basterebbe implementare la rete storica. Non volete più fare la Tav? Facciamo almeno questo». Ecco il tema dei colli di bottiglia da eliminare. La presidente ha intavolato una trattativa con lo Stato per ottenere una cifra stimata in 500 milioni di euro. I punti di snodo su cui intervenire sono vari. Li elenca: Trieste- Mestre, il bivio San Polo a Monfalcone, la Udine-Cervignano e Campo Marzio. «Presupposto che io penso che abbiamo bisogno di Tav – chiarisce – registro che da una parte non c’è ancora il finanziamento statale, dall’altra c’è un commissario per il progetto che ci dice che tra Venezia e Trieste non ci sarà l’opera, ma la quadruplicazione dell’esistente. Quindi, nell’ipotesi in cui il governo faccia scelte diverse rispetto all’Alta velocità in Fvg, come pare, Roma si deve assumere l’impegno di togliere i colli di bottiglia così possiamo avere treni veloci».
Le garanzie sulla terza corsia Serracchiani coglie l’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa, ma dà anche precise garanzie di impegno. Prima ribadisce concetti già noti. È l’eredità che si è vista appioppare «senza alcun passaggio di consegne» da Tondo e Riccardi: 5 anni di ritardo, il commissariamento, due piani finanziari lievitati nel giro di un paio d’anni per un’opera «super complicata» che conta su una bancabilità altrettanto «complicata». Poi manda un messaggio di ottimismo: “Sono fiduciosa che ce la faremo – insiste – e senza appesantire il bilancio della Regione. Mi sto impegnando per trovare il finanziamento per l’infrastruttura, a partire dal lotto già aggiudicato in via definitiva». Si riferisce al tratto San Donà-Alvisopoli: 32,5 km per 650 milioni di euro. «Ma voglio fare tutta l’opera – ripete – per questo c’è un ragionamento aperto con Cassa depositi prestiti e con il pool di banche, una trattativa serrata che vogliamo cambiare perché non ci sono condizioni accettabili». Una parte di fondi arriverà delle banche, una da Cdp «ma pensiamo di coinvolgere di nuovo Bei». Quindi «con fatica e ragionamenti complicati otterremo tutto, per questo siamo tutte le settimane a Roma».
Un’unica Authority portuale Serracchiani critica la legge varata nelle precedente legislatura: una norma «che non ha toccato la governance dei tre porti, di Trieste, Nogaro e Monfacone». Ora si volta pagina: «Riordiniamo il settore. Una sola Autorità in tutta la regione». All’ordine del giorno pure le sinergie tra gli scali di Trieste, Fiume e Capodistria. La questione si intreccia con i collegamenti ferroviari e la governatrice chiederà al Paese confinante di inserire i collegamenti con Divaccia e Capodistria nel piano di trasporti ferroviari. «È pazzesco – osserva – che per andare in Slovenia non si possa prendere un treno».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo